La critica ha definito “365 NDI”, film disponibile su Netflix dal 14 giugno, come la versione italo – polacca di “50 Sfumature di grigio”. Osservando l’evolversi dei fatti potrebbe sembrare così, ma la trama suggerisce un paragone ben diverso: “un’energica manager bloccata in una relazione in crisi è rapita da un potente boss mafioso che la imprigiona, dandole un anno di tempo per innamorarsi di lui”. È presto detto che alla mente salti subito l’immagine del film d’animazione Disney “La Bella e la Bestia” poiché, anche in questo caso, una fanciulla era prigioniera di una bestia malvagia. Massimo è un boss mafioso italiano interpretato da Michele Morrone, il classico bello e dannato che fa girare la testa a tutte le donne, in parallelo c’è Laura, manager polacca di successo con un carattere abbastanza forte da poter tenere testa ad un uomo che non ama sentirsi dire di no. Un testa a testa regola i momenti iniziali dell’incontro tra i due protagonisti, ma nonostante si possa dare per scontato che Laura sia l’anello debole il susseguirsi delle scene rivela l’esatto opposto: Laura sa di avere tutte le carte a suo favore e si fa forte della sua posizione per tenere sulle spine lo spettatore e lo stesso Massimo il quale non le farebbe del male anzi, farebbe tutto per lei.
Lampedusa, San Francisco, Varsavia, Roma sono le città in cui si sviluppa la storia, alternando il doppiaggio alla lingua polacca originale. Sin dalla prima scena si palesano i modus operandi standard del sistema mafioso: niente donne e bambini, motivo per cui la famiglia di Massimo si oppone alla vendita di bambine rifugiate, spaccio di droga che raggiunge gli USA e le vendette tra famiglie. È interessante notare come nella narrazione ci siano implicitamente richiami, volontari o meno, non solo a “50 sfumature di grigio” con le maschere, oggetti sessuali e un’antagonista femminile ma anche a diversi film Disney: “tutto questo un giorno sarà tuo” frase pronunciata dal padre di Massimo che richiama inevitabilmente “Il Re Leone”, la possibilità che Massimo concede a Laura di rivedere la sua famiglia in Polonia o quando le chiede di insegnargli ad essere gentile con lei come in “La bella e la Bestia”, oppure il motivo che si cela dietro questa “ossessione” per Laura da rintracciare nella prima scena quando, sulla scogliera di Lampedusa, Massimo vede una ragazza baciata dal vento che lo salva dalla morte, un po’ come nella scena di “La Sirenetta”. La narrazione, quindi, è un intreccio particolare di eros, richiami, risposte piccate, provocazioni e una musica che cambia al variare del rapporto tra i due: più ritmata nella fase iniziale, più profonda in quella centrale e drammatica nella scena finale. Sì, perché in questo film non c’è nessun lieto fine, piuttosto la conclusione è tanto tragica quanto inaspettata. “Non mi servono 365 giorni” ed in effetti Laura non si sbagliava di molto, non le è servito un anno per innamorarsi, ma neanche per poter dare una svolta definitiva alla sua vita.
Cristina Quattrociocchi