L’angolo di Michele Anselmi
Arriva nelle sale, giovedì 4 novembre, il film francese che ha vinto il Leone d’oro alla Mostra di Venezia, due mesi fa. Non è una passeggiata, come del resto non lo era “Quattro mesi, tre settimane, due giorni” del rumeno Cristian Mungiu, al quale “La scelta di Anne”, in originale “L’événement”, può essere accostato, pure per la crudezza di alcuni dettagli. Bene ha fatto Europictures ad acquistarlo e distribuirlo, perché il film, severo e senza fronzoli, fatto di gesti e osservazione, a tratti durissimo, quasi insostenibile, è di quelli che meritano d’essere visti. Forse più dagli uomini che dalle donne, perché le seconde conoscono bene che cosa può voler dire abortire nella solitudine e nella disperazione.
Coincidenza curiosa: se nel film tratto da “Illusioni perdute” di Balzac il giovane Lucien, tipografo e aspirante poeta, parte da Angoulême per conquistare Parigi, qui la coetanea Anne, studente di letteratura presa dai testi di Sartre e Camus, in quella stessa cittadina frequenta l’università e vorrebbe restare per laurearsi a pieni voti. Ma siamo nella Francia del 1963, l’aborto è reato, si può finire in carcere se beccate, e per quella 23enne, scopertasi incinta, comincia un calvario prima raccontato da Annie Ernaux in un romanzo autobiografico del 2000 (in Italia edito da L’orma col titolo “L’evento”) e adesso dal film di Audrey Diwan.
Al prof che le chiede perché abbia perso tante lezioni, Anne risponde di essere stata malata: “La malattia che prende solo le donne e le trasforma in casalinghe”. Lei non vuole quel destino patito da sua madre. Tosta, risoluta e indipendente, consapevole della propria bellezza e gran ballerina di twist, Anne sa che una gravidanza indesiderata può rovinarle la vita; solo che nella Francia dei primi anni Sessanta un aborto non spontaneo è qualcosa di indicibile, appunto “un crimine” duramente punito (anche i medici rischiano). E intanto, mentre le amiche la mollano e tutto sembra crollarle addosso, la sventurata cerca un aiuto che non arriva. Alla dodicesima settimana, dopo aver svenduto libri e gioielli per racimolare i 400 franchi necessari al “raschiamento” clandestino, “l’evento” accadrà, e sarà tutt’altro che lieto, in ogni senso.
Girato in formato 4:3 e con mobilissima camera in spalla, il film non offre vie di scampo, non sfodera personaggi “simpatici”, mira al cuore del problema con un realismo senza aggettivi che turba e fa riflettere. Anamaria Vartolomei è la giovane attrice franco-rumena che incarna Anne: davvero brava, intensa e audace, anche per come si mette al servizio delle scene più sgradevoli, ma necessarie: perché milioni di donne, prima della pillola anticoncezionale e prima che le leggi nazionali sancissero il diritto individuale all’aborto legale, hanno dovuto sopportare dolori micidiali, anche menomazioni permanenti.
Vale la pena di ricordare che ancora oggi in 16 Paesi l’aborto è considerato un crimine. Non solo: il Texas ha varato di recente il cosiddetto “Heartbeat Act” che proibisce l’interruzione di gravidanza dopo la sesta settimana anche in caso di stupro o incesto.
PS. Nella versione originale del film la protagonista si chiama Annie, come la scrittrice Annie Ernaux autrice del libro. Mi auguro che possa girare anche qualche copia in lingua originale e sottotitoli.
Michele Anselmi