L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per “il Secolo XIX”
Inchiniamoci davanti a Mr. Spock. C’è una vecchia puntata dell’interminabile serie tv girata tra il 1966 e il 1969 nella quale il primo ufficiale venuto da Vulcano, cioè l’extraterrestre con le orecchie a punta, le sopracciglia svirgolanti all’insù e i buffi capelli con frangetta, ci rifila una lezione morale mica male. «Ho già notato questa tendenza in voi umani. Vi è più facile piangere la morte di una sola persona che la morte di un milione. Voi parlate sempre dell’insensibilità di noi vulcaniani. Ma quanto poco spazio per la pietà sembra esserci nel vostro cuore». Accidenti.
Ucciso da una grave broncopneumatopatia, una malattia polmonare cronica provocata dalle sigarette fumate in quantità industriale, anche se da trent’anni aveva smesso, ma «comunque troppo tardi» aveva confessato due mesi fa, se n’è andato Leonard Simon Nimoy. Aveva 83 anni. Due giorni fa era stato ricoverato d’urgenza per una crisi, poi era tornato a casa ad aspettare stoicamente la fine terrena.
L’unico protagonista della serie fantascientifica rimasto in vita pare sia il capitano James T. Kirk, ossia William Shatner, per quanto irriconoscibile o quasi a causa dei ritocchi plastici che hanno gonfiato il suo viso come un pallone. Nimoy, invece, indossava i segni dell’età con invidiabile saggezza, inclusi capelli bianchi e rughe profonde. Tv e cinema gli avevano dato il successo, anche un bel conto in banca. Ma questo attore ebreo, bostoniano di origine ucraina, era stato tante altre cose: fotografo, poeta, scrittore, anche musicista (nel 1968 aveva inciso un disco nel quale rifaceva “I I Had a Hammer” di Pete Seeger).
Poi, certo, il personaggio del dottor Spock l’aveva consegnato alla posterità, cristallizzandolo in un ruolo dal quale era impossibile prescindere, nonostante avesse girato oltre venti film e innumerevoli serie televisive (il suo prima film, “Sogni ad occhi aperti” risale al 1951). Non a caso le sue due autobiografie si intitolano l’una “Non sono Spock”, 1977, l’altra “Sono Spock” , 1995. Sempre lì, gira e rigira, si andava a parare, non fosse altro perché, oltre alle 79 puntate tv per la Nbc, aveva girato i 6 seguiti cinematografici e partecipato, in veste di guest-star nei panni di un invecchiato Spock, ai due rifacimenti firmati da J.J. Abrams, il creatore di “Lost”, nel 2009 e nel 2013.
Aveva visto giusto, Abrams, nel resuscitare al cinema il fanta-universo pacifista e multirazziale di “Star Trek”. Lui che non era mai stato né un “trekker” né un “trekky” (pare esista una sottile differenza), insomma un adoratore della saga inventata da Gene Roddenberry nel 1966, aveva saputo ringiovanire personaggi e storie, complicando quel tanto che serve gli intrecci temporali, ma senza smarrire il sapore originario da messaggio post Guerra Fredda. Così, secondo una pratica che a Hollywood viene detta “reboot”, cioè risuolamento, erano tornati il capitano Kirk, il primo ufficiale Spock, il medico McCoy, l’ingegnere Scotty, il timoniere Sulu, il navigatore Chekov, l’ufficiale delle comunicazioni Uhura, tutti a bordo dell’Enterprise a solcare le galassie per conto della Federazione. Una delle novità, a parte le divise meno ridicole, ritoccate con gusto modernista? Essendo di madre terrestre, il ringiovanito Spock, interpretato da Zachary Quinto, non disdegnava il sesso e citava Sherlock Holmes. Logico e razionale. Pure gaudente.
Naturalmente l’apparizione di Leonard Nimoy, solite orecchie a punta di Spock e antico saluto con le dita a V, funzionava da abile raccordo sentimentale tra le due generazioni. L’inserimento non era facile, ma Abrams, sfruttando uno dei suoi tipici paradossi temporali, rendeva plausibile lo sdoppiamento dell’imperturbabile vulcaniano, aggiungendo una trovata mica brutta: il vetero Spock che consiglia al giovane se stesso di mettere da parte ogni tanto la logica per vivere la vita come viene. Nimoy ha usato Twitter per lasciare domenica ai fan l’ultimo saluto. «Una vita è come un giardino. Momenti perfetti si possono vivere, ma non preservare, se non nella memoria. Lunga vita e prosperità». Spock dixit.
Michele Anselmi