Il cameriere italiano Fausto e l’aspirante modella francese Nadine si incontrano in un albergo parigino di lusso: travolti da un destino decisamente burlone che li farà innamorare, incontreranno gli ostacoli e gli eventi più incredibili che si possano immaginare. Per un momento di cinema italiano asfittico come questo, Alaska è la miglior prova di “internazionalità” dopo Racconto dei racconti. E non tanto a caso, anche stavolta, la produzione è italo-francese. Per tutto il prologo i due attori recitano in francese, sopra i tetti di Parigi. Entrambi i personaggi, anche se non ci è dato di conoscere il loro background, andranno in cerca di fortuna, tenendosi disperatamente per mano. Saranno, forse un po’ allenianamente, condotti lungo un percorso estremamente accidentato proprio a causa del loro incontro casuale, del loro amore e soprattutto della loro passione e ambizione.

Dopo il discutibile Lezioni di cioccolata, Una vita tranquilla e tre episodi di Gomorra – la serie, Cupellini ci narra una storia romantica e mélo, dove i corpi, le passioni, il caos, il caso e la morte hanno un’importanza cruciale. Le componenti tonali di Alaska, nonostante questa premessa che sembra banale e molto tipica del canovaccio da romanzo corale d’Ottocento, sono smaccatamente noir e a tratti vermiglie, immerse e interpretate in una realtà convincente e coinvolgente. La messa in scena, senza entrare nel dettaglio, riesce infatti a calare il pubblico perfettamente nei febbricitanti ed estremi palpiti del suo intreccio narrativo: Alaska è un vortice inarrestabile di episodi che solo nel romanzo più rocambolesco ed eroico sarebbero possibili. Eppure, il risultato complessivo è genuino, nonostante le ellissi temporali facciano mettere in dubbio a più riprese l’ascesa o discesa troppo repentina nella scala sociale dei protagonisti e comprimari – come l’importante Valerio Binasco.

Sorretto da un’interpretazione molto sentita di Elio Germano, Alaska trabocca di pregi sotto molteplici aspetti, sia artistici che tecnici. La sceneggiatura, scritta a sei mani, non manca senz’altro di certe licenze, ma funziona proprio in virtù del procedere a periodi anche molto distanti fra di loro. Fausto e Nadine sembrano spinti meramente dai loro sentimenti impulsivi, come animali o schegge impazzite in una serie di ingranaggi casuali, tuttavia Cupellini sa giocare con una certa raffinatezza, anche se a volte didascalica, con due elementi fondamentali: la riuscita immersione di una storia di amour fou all’interno del tessuto sociopolitico italiano con un’encomiabile fedeltà alla realtà e l’esaltazione del vero protagonista del film, ossia il destino beffardo, che non segue le onde del cuore, ma una sua frequenza tutta speciale.

Furio Spinosi