Ci sono rivoluzioni che si guadagnano le pagine dei libri di storia per i loro cori, tumulti e disordini, altre, più silenziose, sono il frutto della tenacia dei singoli, nell’ordinaria routine quotidiana. Una riflessione a cui le registe Betsy West e Julie Cohen ci conducono con il loro documentario Alla corte di Ruth – RBG, dedicato alla vita di Ruth Bader Ginsburg.
Ruth Bader Ginsburg, 85 anni, è da 25 anni giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, nominata dal Presidente Bill Clinton il 5 agosto 1993, seconda donna della storia a ricoprire quel ruolo, la prima di religione ebraica. Le sue battaglie legali in favore delle pari opportunità e i diritti delle donne l’hanno trasformata in un’icona pop, la sua immagine decora tazzine, magliette e tatuaggi, tanto che i più giovani la chiamano Notorius RBG, parafrasando il nome di Notorious B.I.G., rapper di Brooklyn, con cui condivide le origini. RBG fu ammessa nel 1956 alla facoltà di Legge ad Harvard, le studentesse in quell’anno erano solo nove e, nonostante la loro presenza, la biblioteca della facoltà era preclusa alle donne. Finiti gli studi con brillanti voti e pubblicazioni su prestigiose riviste, Ruth iniziò a combattere contro la resistenza degli studi legali nell’assumere avvocati donna. Grazie all’aiuto del marito, Marty, che non osteggiò in nessun modo la sua vocazione, intraprese ugualmente l’attività legale raccogliendo soprattutto le istanze di donne discriminate per il loro sesso. A cavallo degli anni ’70 fondò il progetto Women’s Rights Project presso la fondazione ACLU (American Civil Liberties Union) e grazie alle sue abilità legali lottò quotidianamente per l’uguaglianza di genere. Un passo alla volta, senza rabbia, arringa dopo arringa, Ruth Bader Ginsburg fu al centro di cinque sentenze storiche, che il film documenta, capaci di sovvertire lo status quo e affermare con forza l’emancipazione femminile.
Alla corte di Ruth – RBG scorre su due binari paralleli, il percorso di affermazione della protagonista e, allo stesso tempo, l’affermazione di diritti fino a quel tempo negati, una lotta che Ruth porta avanti da cinquant’anni, con toni moderati, il controllo delle emozioni, con l’arma affilata dell’intelligenza e della competenza, senza mai cadere nei tranelli della superbia e dell’arroganza. Aver definito, pubblicamente, Trump un impostore è stato probabilmente il suo più forte atto di composta irriverenza in 85 anni di vita. Il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 15 luglio: a Wanted Cinema, che lo distribuisce, il merito di portare nel nostro Paese la storia di una donna finora sconosciuta.
Che Ruth Bader Gingsburg sia, negli Stati Uniti, un’icona per le giovani generazioni è un segno di speranza, un riferimento importante per chi cerca di raccogliere il testimone di una staffetta, l’uguaglianza nei diritti, ancora lunga e impegnativa.
Chiara Pascali