Cent’anni fa, esattamente il 20 gennaio 1920, nasceva a Rimini Federico Fellini, il regista. Il regista di Roma, Amarcord, La strada, La dolce vita, 8 e 1/2, E la nave va… per citare soltanto alcuni titoli dei suoi capolavori. Il miglior regista italiano? Sicuramente. Di certo quello che ha meglio raccontato i sogni di molti italiani, di Moraldo, Alberto, Fausto, Leopoldo e Riccardo, i ragazzacci protagonisti di I vitelloni, di Zampanó, di Titta e dei suoi compagni di classe, e delle sue fanciulle, del “Pianeta Fellinia”, minute e graziose, come Gelsomina, esagerate e maggiorate, come la tabaccaia Gradisca, divine ed eterne come Anita Ekberg nel famoso bagno dentro Fontana di Trevi.

Tra i molti eventi organizzati in tutta Italia per celebrare il centenario della sua nascita, il 28 gennaio, la Casa del Cinema di Roma ha presentato il volume “Il libro dei sogni”, pubblicato da Rizzoli, in collaborazione con Centro Sperimentale di Cinematografia, il Museo del Cinema di Torino e la Cineteca di Bologna: “una sorta di archivio generale della vita di Fellini, sia di quella interiore – come ogni sogno che si rispetti – sia dei suoi punti di vista su un mondo fatto, oltre che di persone e cose, anche di “effetti cinema”, storie, personaggi, vicende personali, amori e idiosincrasia di un mestiere, che per Fellini coincide con la vita stessa”.

La presentazione è stata preceduta dalla proiezione di Toby Dammit, un episodio tratto dal trittico Tre passi nel delirio, restaurato proprio nel 2019 per celebrare il centenario del regista. Per la prima volta Fellini mostra nel suo cinema, sempre onirico, visionario e romantico, la violenza raccontando la storia di un attore, di un disperato alcolizzato che viene ingaggiato da una produzione romana per realizzare un western all’italiana a Cinecittà. La pellicola, il “racconto rabbioso di un disperato”, come l’ha definita Aldo Tassone, è interamente girata a Roma, prima della realizzazione di Satyricon. È una sorta di adattamento cinematografico perché per la prima volta Fellini, per realizzare una pellicola, si ispira ad un racconto, in questo caso, quello di Poe, riprendendolo soltanto nel tragico finale. La pellicola dura circa un’ora con un concentrato di leit motiv felliniani come la Roma del GRA e le strambe sfilate, cui il regista ha dedicato lunghe sequenze in Roma appunto.

L’episodio è una sorta di canto dell’Inferno, incorniciato dalle iniziali sequenze, con una rossa fotografia che mostra Fiumicino come un girone infernale e suggellato dal rosso sangue di Terence Stamp nelle scene finali.

Alessandra Alfonsi