L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per “il Secolo XIX”

Si può capire perché sir Christopher Lee, il cui nome completo suonava Christopher Frank Carandini Lee, non ne potesse più del conte Dracula, che pure gli aveva regalato fama internazionale dal 1958 in poi, grazie ai film della mitica casa britannica Hammer. Basta dare uno sguardo su YouTube al video intitolato “Christopher Lee as Dracula: Bite Montage”, in sostanza uno spiritoso montaggio dei micidiali morsi vampireschi inferti dall’attore sui colli di tante pallide e poppute fanciulle nel corso di una dozzina di film. Sempre lo stesso rituale. Alto quasi due metri, gli occhi arrossati, il mantello nero da pipistrello, l’aristocratico succhiasangue dei Carpazi si accosta alle vittime, le mesmerizza, le concupisce, impone loro di togliersi la collanina col crocefisso, le bacia sensualmente sulla bocca e poi, zac!, affonda i famosi retrattili canini sul collo.

L’attore britannico con madre italiana di nobile origini, Estelle Marie Carandini dei marchesi di Sarzano, è morto domenica scorsa in un ospedale londinese, ma la notizia è stata diffusa ieri. Aveva 93 anni, essendo nato il 27 maggio del 1922, lo stesso giorno, ma non lo stesso anno, dell’amico-rivale di una vita, l’americano Vincent Price, scomparso nel 1993. «È ciò che non si vede, non quello che si vede, a far paura» teorizzava nelle interviste Lee, ma chissà se ci credeva davvero. L’uomo era spiritoso, curioso, di un’eleganza naturale, fumava solo sigari Montecristo n.1, da qualche anno s’era fatto crescere una bella barba da venerabile, parlava otto lingue, incluse svedese, russo e greco, e gli piaceva molto stare sul set: pare sia comparso in 230 film, ma c’è chi azzarda 280.

Nella vita è stato aviatore della Raf, cugino di Ian Fleming e forse agente dei servizi segreti britannici. Sullo schermo è stato mostro, “creatura”, vampiro e mummia, diabolico Dr. Fu Manchu, Sherlock Holmes, suo fratello Mycroft e pure Henry Baskerville. «Non rinnego niente di quello che ho fatto, ma non sopporto l’etichetta di star dell’horror, me l’ha attaccata addosso la stampa, non riesco a liberarmene» aveva protestato qualche anno fa al Festival di Locarno, spiegando di possedere circa ventimila libri ma solo quattro o cinque sui temi dell’occulto.

Eppure nella seconda parte della carriera, dagli anni Settanta in poi, aveva dimostrato di essere duttile, eclettico, anche capace di prendersi in giro. A parte Francisco Scaramanga, il nemico giurato di 007 in “L’uomo dalla pistola d’oro”, ha incarnato lo stregone Saruman il Bianco nelle trilogie del “Signore degli Anelli” e di “Lo Hobbit”, il conte Dooku nel nuovo trittico di “Guerre Stellari”, il sensibile nonno Morales in “Triage” di Danis Tanovic, il dottor Wilbur Wonka nel remake di “La fabbrica di cioccolato” by Tim Burton, Monsieur Labisse in “Hugo Cabret” di Martin Scorsese.

Per dirla con Celentano, l’attore era un tipo “rock”: non per niente di recente aveva pubblicato un album heavy metal di sette brani insieme a Tony Iommi, il chitarrista dei Black Sabbath, e nel 2010 s’era dedicato a un concept album di metal sinfonico intitolato “Charlemagne – By the Sword and the Cross”.

Poi certo, il conte Dracula era stato la sua fortunata maledizione, grazie al regista Terence Fisher che l’aveva eletto vampiro nel 1958. Insieme a Vincent Price, Peter Cushing, Peter Lorre, John Carradine e Boris Karloff, s’era imposto come uno dei grandi interpreti del genere horror, quando l’orrore era di cartapesta e poco sanguinario, senza tanti effetti speciali. Lui che adorava la commedia sentimentale hollywoodiana e avrebbe voluto essere un po’ Cary Grant, se non proprio Laurence Olivier… Lascia la moglie danese Birgit Kroencke sposata nel 1961 e la figlia Christina.

Michele Anselmi