Il progetto “Web Movies” di RAICinema è probabilmente uno dei tentativi più avanguardistici di svecchiare la produzione cinematografica italiana: trattasi di una serie di dieci film pensati per la rete e distribuiti sulle piattaforme più diverse. Andarevia, esordio cinematografico di Claudio di Biagio, si inscrive in questa prospettiva che almeno sulla carta dovrebbe consentire di ridiscutere in maniera intelligente la figura del regista come autore. Di Biagio, che ha collaborato fra l’altro al discutibile Paura 3D dei Manetti, ha diretto la fortunata web serie Freaks!, idea originale realizzata da cinque celebrità di Youtube. Nonostante il prodotto fosse in sé un divertissement, la buona fattura ne ha consentito il successo e l’analisi di questo caso dovrebbe riuscire a suggerire che, oltre alla figura canonica del regista, il sistema mediale fortemente evolutivo in cui ci stiamo muovendo contribuisce al proliferare di nuove individualità autoriali diversamente connotate.
È bene precisare sin da subito che la pellicola non è esente da difetti, e anzi manifesta in più punti una debolezza che non risiede tanto nella struttura drammaturgica quanto nella messa in scena: nonostante la fotografia sia nel complesso discreta, alcuni errori registici sono piuttosto evidenti e probabilmente sono da imputarsi alla giovane età del regista. Nonostante questo, comunque, il film si lascia guardare con piacere e riesce tutto sommato ad intrattenere, anche a fronte di una storia di base certamente non originale (e, fra i meno noti, già esplorata almeno in parte da Nero e Amato) e una caratterizzazione dei personaggi a tratti eccessiva.
Al di là di queste problematiche, quindi, siamo di fronte a un prodotto che si regge sulle sue gambe e lascia ben sperare sul futuro registico di Di Biagio. La cosa veramente interessante della questione sta però nel suo proporre una nuova tipologia di autore, slegato dalla forma classica del lungometraggio cinematografico e più attento alla forma del sistema dei media contemporanei. La trasversalità dell’offerta televisiva a livello di momenti e luoghi di fruizione sembra stia cominciando a condizionare anche il panorama cinematografico; questo di per sé potrebbe non essere un male, a patto che ciascuno dei settori dell’ipotetica nuova cinematografia che sembra si stia prospettando riesca a ritagliarsi una propria individualità formale ed espressiva, evitando il ricorso all’ibridazione transmediale quando questa non sia strettamente funzionale al veicolare un preciso messaggio.
Il pericolo che potrebbe evidenziarsi in seguito a un proliferare degenerativo di elementi non definiti a livello linguistico starebbe allora proprio nella perdita di caratterizzazione che ciascuna modalità di fruizione potrebbe offrire, sino ad arrivare all’inquietante risultato di un unico sguardo indifferenziato e indifferenziante. Si è voluto proporre uno scenario, estremo ma coerente con i dati attualmente disponibili e con la produzione cinematografica coerente e di cui Andarevia è un esempio felice, anche se ben lontano dalla perfezione.
Giuseppe Previtali