L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor
A scorrere le cinquine, sempre che conti davvero il numero delle candidature rispetto al verdetto finale, è “Anime nere” il favorito della 59ª edizione dei David di Donatello. Un po’ a sorpresa, infatti, il tosto romanzo criminale di Francesco Munzi s’è aggiudicato ben 16 nomination, imponendosi come il titolo più votato dai 1.468 giurati. Ben piazzato nelle categorie principali, e cioè miglior film e miglior regista, “Anime nere” ha superato, in questo primo scrutinio, rivali sulla carta più sicuri. E cioè “Il giovane favoloso” di Mario Martone, “Mia madre” di Nanni Moretti, “Torneranno i prati” di Ermanno Olmi e “Hungry Hearts” di Saverio Costanzo, in gara rispettivamente con 14, 10, 8 e 7 candidature.
Partita aperta, dunque, e chissà che questa cupa storia di fratellanza e malavita calabrese, in concorso a Venezia 2014 ma sfortunata al botteghino (neanche 800 mila euro purtroppo), non trovi un risarcimento tardivo. Sapremo tutto venerdì 12 giugno, quando, nel corso della diretta televisiva su Raimovie, saranno consegnati i premi, che restano i più significativi del cinema italiano, senza nulla togliere ai Nastri d’argento.
Sono 24 i titoli italiani presi in esame dalle 22 cinquine ufficiali, e se salta un po’ all’occhio (cinefilo) l’assenza di “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher, premiato a Cannes 2014, non sorprende la presenza, tra le attrici protagoniste, di Alba Rohrwacher, sorella della regista, per il dolente “Hungry Hearts” girato in inglese. “Maraviglioso Boccaccio” dei fratelli Taviani deve accontentarsi di 3 segnalazioni tecniche e va bene così; mentre, alla voce miglior esordio, nessuno dei cinque titoli designati sembra già aver prenotato il premio (sono in ballo “Banana” di Andrea Jublin, “Cloro” di Lamberto Sanfelice, “N-capace” di Eleonora Danco, “Se Dio vuole” di Edoardo Falcone e “Vergine giurata” di Laura Bispuri).
A fare i pignoli, si potrebbe dire che Alessandro Gassmann, che pure è notevolmente bravo nella commedia “Il nome del figlio” di Francesca Archibugi, non sia a tutti gli effetti un attore protagonista in quel contesto corale; così come appare quasi un riconoscimento alla memoria la candidatura a Virna Lisi per “Latin Lover” di Cristina Comencini. Ma in generale le cinquine suonano corrette, avvedute, ripartite con una certa cura tra cinema d’autore e cinema popolare, senza dimenticanze censurabili.
Probabile che, alla fine dei giochi, il David più pesante vada a “Il giovane favoloso” di Martone, pure premiato al botteghino e artefice di un rinnovato interesse nei confronti della poesia leopardiana. Vedremo. Di sicuro “Anime nere” merita un premio, e se non sarà quello per il miglior film, chi scrive si augura che Munzi vinca almeno come miglior regista.
Quanto alla cerimonia tv, più croce che delizia dei David, quest’anno si torna al classico con Tullio Solenghi. Cambia il luogo, in favore del più ampio Teatro Olimpico, e si rinnova anche la squadra degli autori, in modo da evitare le goliardate della 58ª edizione, quando il presentatore Paolo Ruffini, credendosi spiritoso, diede della «topa meravigliosa» a Sophia Loren. «Diciamo che sono un usato sicuro o, se preferite, il cavaliere servente dei David» ha spiegato l’attore genovese. L’idea è di rispettare una certa ortodossia cerimoniale innervandola con facezie garbate, ben sapendo, Solenghi lo sa e lo dice, che quella dei David «è una platea difficile, perché non è venuta a godersi lo spettacolo ma per sapere se ha vinto o no». Anche per questo, precisa il direttore di Raiuno Giancarlo Leone promettendo più film italiani in prima serata, la scelta è d’obbligo: alle 18 diretta su Raimovie «per affezionatissimi» e differita a tarda ora sulla rete ammiraglia. Inutile provare a imbastire uno show in chiave Oscar, gli ascolti non salirebbero comunque. Quanto al «rinnovamento profondo della manifestazione simbolo della cinematografia nazionale», annunciato solennemente a marzo in un comunicato dei David, verrebbe da parafrasare una famosa canzone: parole, parole, parole…
PS. Come già anticipato, il sottoscritto, che pure fa parte della pletorica giuria dei David alla voce “Società”, non ha votato per le cinquine e non voterà nel secondo scrutinio. La ridicola “riforma” voluta dagli autori di cinema due anni fa non è stata riformata come promesso, sicché continuano ad esistere una giuria di serie A che si esprime su 22 categorie e una di serie B, pure piena di critici, che si esprime solo su 9 categorie. Meglio astenersi da un tale pasticcio all’italiana.
Michele Anselmi