Lo scorso venerdì, in occasione dell’uscita nelle sale di Appartamento ad Atene, al cinema Il Portico di Firenze si è tenuta la proiezione alla presenza dell’attrice protagonista, la sempre brava Laura Morante, e del regista esordiente Ruggero Dipaola. Il pubblico ha risposto molto bene in termini d’affluenza, partecipando attivamente al dibattito, segno evidente che è proprio questa la strada da seguire per i pochi cinema di città che riescono a sopravvivere in un mercato ormai in mano ai multiplex.

Tratto da una storia vera, raccontata nel romanzo Apartment in Athens di Glenway Wescott, il film è ambientato in Grecia nel 1943 durante l’occupazione nazista. Nell’appartamento della famiglia Helianos, composta da marito, moglie e due figli, si trasferisce il capitano Kalter; sistematosi nella loro camera da letto, pretende di essere servito e riverito da tutti i membri della famiglia, dando il via ad una ben difficile e drammatica convivenza. L’ufficiale tedesco in un primo momento si comporta in maniera crudele ed arrogante, insensibile e indifferente ai bisogni degli Helianos, privati della loro quotidianità e dell’intimità. Richiamato in patria per due settimane, fa ritorno all’appartamento ateniese profondamente cambiato, scosso e turbato da una tragedia che ha colpito i suoi affetti più cari. Pian piano s’instaura così un rapporto quasi amichevole tra Kalter ed il capofamiglia Nicolas, destinato purtroppo a durare ben poco a causa della natura folle e crudele che riemerge nell’ufficiale.

Il lungometraggio d’esordio di Dipaola ha vinto ben 27 premi nei vari festival, nazionali ed internazionali, in cui è stato presentato, ottenendo un certo successo soprattutto negli Stati Uniti dov’è stato visto in greco con sottotitoli in inglese, sebbene sia stato girato in lingua italiana. Un debutto interessante, ben interpretato da un solido cast che ci restituisce una Morante intensa e convincente, affiancata da Gerasimos Skiadaressis, attore greco di buona fama in patria, nel ruolo del marito e da Richard Sammel, interprete tedesco nuovamente nelle vesti di un ufficiale nazista a due anni di distanza da Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino. A non convincere pienamente è l’andamento della narrazione, a volte piatto ed incapace di far crescere quel climax drammatico che in una storia di questo tipo non dovrebbe certo mancare.

Trattenutosi a lungo con il pubblico a fine proiezione, Dipaola ha raccontato d’essersi appassionato all’omonimo romanzo – di cui ha scritto la sceneggiatura insieme a Luca de Benedittis e Heidrun Schleef – anche per il fatto che gli ha ricordato un episodio analogo vissuto da sua madre in Abruzzo durante la seconda guerra mondiale. Proprio per questo motivo il regista ha dichiarato d’essere stato fortemente tentato di trasferire l’ambientazione in Italia per la trasposizione cinematografica ma di aver poi deciso, in ultimo, di rimanere fedele al romanzo di Wescott. Il film è stato girato quasi interamente a Cinecittà; e fa non poco piacere sentire che in quel posto magico, tra spot, fiction, programmi TV e reality, vengano ancora realizzate pellicole vere e proprie, in un momento in cui i lavoratori degli studios capitolini sono in rivolta contro il piano di dismissione degli storici stabilimenti cinematografici voluto dalla proprietà.

Boris Schumacher