Uno sguardo verso l`Estremo Oriente | Visionario, horror e sensuale

Piccoli capolavori, intimisti o dell`orrore, innovativi e vincenti – basta guardare alla Palma d`Oro del Festival di Cannes 2010 vinta dal thailandese Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives. Fotografie di un quotidiano che spazia dal Vietnam a Hong Kong, da Singapore alla Cina, dalla Thailandia alla Corea del Sud.

Quella cinematografia che un tempo era d`essai e che adesso nel nostro paese va scomparendo, pellicole che non trovano una distribuzione in un mercato ormai schiacciato tra blockbuster, 3D e made in Italy. Va in scena dal 10 al 17 luglio all`VIII edizione dell`Asian Film Festival di Roma presso il Cinema Farnese di Campo de` Fiori.

Ecco qualche assaggio…

Mother
Regia Bong Joon-ho. Corea del Sud, 2009.
 
Una donna vive sola con l`unico figlio, un giovane timido e fragile, che trascorre il tempo con l`unico amico, ragazzo sveglio e poco raccomandabile. Quando in paese una studentessa viene uccisa, la polizia arresta il figlio della donna, facendone un capro espiatorio.

La madre disperata crede fermamente nell`innocenza del ragazzo e inizia ad indagare per proprioconto, scoprendo misteriose violenze e intrighi, nascosti come vermi sotto le pietre…

Una piccola cittadina coreana, circondata da campi da golf e dolci colline cela miserie e meschinità, orrori e ferocia, narrati con un tocco lieve e delicato che malgrado crudeltà e bassezze sfiora la poesia.

L`immaginario del regista coreano comprende personaggi apparentemente deboli, fuori dagli schemi, ma capaci di qualunque cosa pur di andare oltre le apparenze.

Visionario e crudele.

Thirst
Regia Park Chan-wook. Corea del Sud, 2009.

 
Sang-hyun è un giovane prete, pieno di fede. Parte missionario in Africa dove si offre per testare un vaccino e tentare di sconfiggere così una malattia infettiva mortale. Il contagio lo porta vicino alla morte ma una trasfusione di sangue gli dà nuova vita, pur se il suo corpo subisce una terribile metamorfosi.

La notizia della sua guarigione miracolosa attira molti pellegrini, che guardano a lui come ad un santo, tra loro un amico d’infanzia malato terminale di cancro con la bella moglie. Sang-hyun è inesorabilmente attratto da lei…

Premio della Giuria a Cannes 2009, il film del regista della celebre “trilogia della vendetta” (Mr. Vendetta, Old Boy e Lady Vendetta), riprende i temi cari all`autore, bene e male, peccato, colpa ed espiazione, inserendoli in un quadro ironico e beffardo.

Una decostruzione del mito del vampiro e del sangue così come siamo abituati a intenderlo in Occidente. Uno stile visivo curato, scenografie, costumi e colori che incorniciano psicologie e personaggi. Scene che restano piantate nella mente: il sangue sui volti dei protagonisti, il volo tra i tetti, la casa ridipinta completamente di bianco.

Horror melodrammatico.

Adrift
Regia: Bui Thac Chuyen. Vietnam, Francia, 2009.
 
Duyen, è un ragazzino inesperto e lavora come tassista ad Hanoi. Si è appena sposato con Hai, altrettanto giovane ma più matura. Fin da subito la loro unione appare poco riuscita. Il loro quotidiano vuoto e solitario. Alle loro vite si intrecciano quelle di altri personaggi in crisi: l`ambigua scrittrice Cam, l`inquietante e affascinante Tho, la fragile Vi, innamorata perdutamente di Tho.

Presentato alla 66ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti, Adrift si inserisce in quel filone intimista che caratterizza tanta parte del
la cinematografiaorientale. Un cinema estetico e contemplativo, una realtà che fluisce, tra riti antichi, ricordi, dinamiche familiari, tradizione e modernità.

In una capitale che guarda da un lato al consumismo e alla globalizzazione dall`altro pare intrappolata in un passato senza nome.


Torbido e sensuale.

Francesca Bani