Sequel del film omonimo del 2019 che valse al giovane Phaim Bhuiyan il David di Donatello come miglior regista esordiente, “Bangla – La serie” racconta la storia d’amore tra Phaim, interpretato dal regista stesso, ed Asia (Carlotta Antonelli).
Già dal titolo del primo episodio: “No sex “, è chiaro il taglio autoironico della serie (Bhuyan, al tempo dell’uscita del film, era stato definito dalla critica “Il Woody Allen italiano”). Infatti, il protagonista entra in crisi quando è chiaro che la sua fidanzata voglia andare a letto con lui, il quale, però, essendo musulmano praticante, non potrebbe farlo prima del matrimonio.
La serie poi prosegue nel raccontare la relazione trai due giovani che provengono da contesti familiari molto diversi. Quella di lui è una famiglia bengalese, musulmana e tradizionalista che all’improvviso si ritrova senza casa e senza una fonte di reddito. I genitori di lei, invece, sono italiani, separati e piuttosto progressisti.
L’opera è probabilmente la prima in Italia scritta, diretta ed interpretata da un italiano di seconda generazione. Una delle prime autorappresentazioni di quei soggetti che nel nostro paese sono emarginati perché non coinvolti direttamente nel dibattito pubblico; essendo sempre descritti da un punto di vista esterno, infatti, la loro stessa identità è spesso etero-definita.
Ben vengano, invece, per la salute della nostra democrazia, storie in cui i cosiddetti “nuovi italiani” raccontano le loro vite, vissute nell’intersezione tra due culture solo apparentemente molto lontane tra loro, ironizzando su differenze e similitudini.
Il protagonista della serie è un “uomo marginale”: sia italiano che bengalese, ma non completamente integrato in nessuno dei due mondi. In una ibridazione tra culture diverse che per Phaim comporta un forte shock biografico a causa dell’incontro-scontro tra la cultura della sua famiglia e quella del paese in cui è nato e cresciuto. L’opera, quindi, tratta di integrazione e di identità con ironia: il modo migliore per riflettere sulla complessità delle società moderne ma senza prendersi troppo sul serio.
Giovanni Vitale