Il capitano di sottomarini Robinson, scozzese, divorziato e con un figlio che non vede quasi mai, viene licenziato dalla sua società di recupero relitti dopo decenni di servizio. Distrutto, cercherà così la sua vendetta imbarcandosi in una missione impossibile: recuperare un cospicuo bottino d’oro nascosto in un sottomarino tedesco che giace nel Mar Nero sin dall’anteguerra.

La vera sfida in questo thriller avventuroso ben confezionato da Kevin MacDonald è soprattutto psicologica. Ad avere la meglio quasi da subito dopo l’immersione sono i dissapori fra i membri dell’equipaggio. Man mano che i colpi di scena si susseguono, uno dei quali clamoroso, a prendere il comando di questo sommergibile vecchio e scassato saranno cupi sentimenti di avidità e violenza, dando così luogo ad un vertiginoso gioco al massacro. Black Sea al suo eclettico regista deve una camaleontica capacità di adattarsi pienamente agli archetipi del sottogenere di riferimento, ma lo fa funzionalmente ad una trama rocambolesca, tuttavia venata da tonalità da dramma sociale e a tratti persino politico. Questa sfumatura non è certo nuova alla produzione di MacDonald (L’ultimo re di Scozia, State of Play).

Jude Law, correndo il rischio di sembrare un capitano-macchietta che quasi per esigenze di genere si abbandona ad esasperazioni mimiche mélo, ci dà una interpretazione una volta tanto fuori dalle sue usuali corde. Il cast d’insieme gli fa da giusto contraltare senza mai essere banale sottofondo.

Furio Spinosi