Dopo aver inaugurato il 36mo Fantafestival, quel film che il nocturniano Davide Pulici ha definito “un bell’esempio di dadaismo in un 2016 in cui, nonché praticarlo, nessuno conosce nemmeno più il significato del termine” comincerà il suo tour in giro per le manifestazioni di settore. Blood on Méliès’ Moon, anche il titolo è un cult assoluto, è tutto quello (e ancora di più) che i fan del genere si aspettavano dal ritorno al cinema di Luigi Cozzi, critico, narratore, distributore e da poco meno di vent’anni anche editore. Tra la fine del mondo e le origini del cinema, l’ultimo film di Luigi è, prima di ogni cosa, un atto d’amore verso un mondo che sembra non esistere più, ma di cui sentiamo la nostalgia. C’è il thrilling, il fantastico puro, l’orrore, il citazionismo più sfrenato, l’ironico e anche il comico, non ultima una voglia di mettersi in gioco in prima persona davvero notevole. In attesa di un’uscita in home video, dopo il tour nei festival di settore, Cinemonitor ha fatto quattro chiacchiere su Blood on Méliès’ Moon proprio con il regista.
Blood on Méliès’ Moon è un film che spaventa, diverte, riflette sul cinema. Come sei riuscito a far funzionare un mix del genere?
Non è stato facile. Ho lavorato moltissimo prima sulla storia e poi sul montaggio. Ma avevo in mente di arrivare a fare proprio questo: ora il risultato mi soddisfa a pieno. E sono felice vedendo che anche il pubblico si diverte davanti alle immagini del mio ultimo film.
Ci racconti la prima volta che hai avuto l’idea? Hai detto che risale a molti anni fa…
La mia prima idea, risalente al 1983, era quella di girare un horror/thriller su Méliès ambientato mentre lui si preparava a girare, nel 1903, Le Voyage dans la Lune. Lo proposi alla Cannon, ma lì mi risposero che nessuno sapeva chi era Méliès e che quindi non aveva senso portare sul grande schermo un personaggio – secondo loro – del tutto sconosciuto. Così per circa trent’anni m’è rimasto quel desiderio frustrato, finché nel 2014, decidendomi a girare un nuovo film, ho pensato subito a quella mia vecchia idea, anche se poi l’ho dovuta cambiare e trasformare perché non avevo a disposizione un budget che mi permettesse di realizzarla così come l’avevo concepita allora. Sono molto contento, tuttavia, di come ho cambiato la storia, mi sembra più folle e divertente così com’è ora…
Non si può non pensare a Un gatto nel cervello di Fulci o ad altri esempi meta-cinematografici, guardando il tuo ultimo lavoro. Cosa ne pensi?
Sì, hai ragione. Anche a Effetto notte di Truffaut, ma in una chiave decisamente fantastica e paradossale.
Siamo dalle parti del film-summa, è quasi un compendio del tuo cinema in primis, ma anche di tutte le tue passioni… Credi che sia quello che ti rappresenta di più?
Senza dubbio, è il mio film più libero, perché non sono stato condizionato da altro che dalla mia fantasia. E così, anche se il budget era assolutamente inesistente, ho potuto fare tutto quello che ho voluto. Alla fine, il risultato non denota di sicuro il budget zero a disposizione.
Parliamo della contaminazioni tra i vari linguaggi usati. Quali sono e come hai deciso di accostarli?
Da sempre, sono un grande appassionato di cinema e quindi mi sono divertito ad attraversare ed incrociare i “generi” che più preferisco: l’horror, il fantastico puro, la fantascienza, il giallo-thrilling, l’epico, il comico e persino, nel finale, il romantico-sentimentale. Facendo il tutto nella maniera più libera possibile.
In che modo riassumeresti la storia? Non è per niente facile…
Sì, è così, perché vi ho messo dentro un po’ di tutto. Soprattutto è una vicenda imperniata su due tipi di amore: quello mio personale per il cinema e quello fra due personaggi che ho inventato, il mago e la sua assistente. E poi, grazie alla trovata della Porta sui Mondi che schiude alternative su alternative alla realtà oggettiva, mi sono divertito a mescolare e rimescolare in continuazione il tutto, infilandoci dentro anche la mia realtà personale e alcuni enigmi autentici e rimasti insoluti sui tempi e i modi in cui è nato il cinema. Come ripetono continuamente i fisici e gli scienziati, noi oggi siamo in grado di capire e di definire con esattezza solo il 5% di tutto ciò che esiste: il resto, quel 95% di tutto ciò che esiste, che ci circonda e di cui pure facciamo parte, è ancora del tutto ignoto, sconosciuto. Ed è lì, in quel 95% di mistero e di ancora inspiegato, che ho attinto a piene mani con la fantasia per Blood on Méliès’ Moon.
Il trailer del film