Ester, Lia, Giuliana, Bianca Maria sono i nomi delle donne, già morte, protagoniste di “Bocche inutili”: la drammatica pellicola diretta da Claudio Uberti con Margot Sikabonyi e Lorenza Indovina. Prodotto in collaborazione con Rai Cinema, in un’ora e quaranta minuti di pellicola, incentrati interamente sugli occhi e sui visi smunti e deperiti delle giovani donne, mostrati in primissimi piani nel loro lento e angoscioso depauperamento della loro femminilità, il regista racconta l’orrore dello sterminio nazista dal rastrellamento alla deportazione nel campo di Ravensbrück.

E il campo di sterminio è il loro “inferno”, così come lo definiscono le stesse protagoniste, che ha privato loro della femminilità costringendole ad abortire, a vedere i loro pargoli soffocare subito dopo il parto, a rubare “tozzi” di pane già secco e consumato ad altre donne, ad urinare davanti a tutti per la paura di essere uccise, a vedere altre donne morire e a patire la fame e la sete per poi trovare una via di fuga in una sorta di segreta ed intima “sorellanza”, nella buia baracca dove sono recluse, finalizzata alla protezione e alla salvezza del bambino che Ester ha in grembo.

Con la nitida e satura fotografia curata da Nino Celeste, il regista propone il suo punto di vista, decisamente femminile, sull’Olocausto: «La peculiarità che attraversa il film», come ha dichiarato lo stesso regista, «e ne segna l’originalità è caratterizzata dal concetto dominante di femminilità negata. Concetto questo che, se per un verso fa luce, per la prima volta, su un non-detto circa la resa cinematografica della Shoah, per l’altro fa segno, sia pure indirettamente, alla piaga legata alla violenza sulle donne». Fino al 29 aprile al cinema in quaranta sale come film evento.

Alessandra Alfonsi