Buried | 90 minuti senza respiro

Totalmente ambientato in una bara e con un solo protagonista, il fenomenale Ryan Raynolds, il film tiene lo spettatore incollato alla poltrona, che senza mai distogliere lo sguardo sprofonderà nell’abisso delle sue paure più profonde insieme al protagonista Paul. Oltre alla violenza fisica (come se svegliarsi in una bara, ferito e con poca aria a disposizione non fosse abbastanza) il film martella psicologicamente spettatore e protagonista usando il mezzo che, in realtà, dovrebbe rappresentare la salvezza: un cellulare. Assenza di campo, interminabili attese telefoniche, incompetenti al telefono e infine la vibrazione che ci ricorda che c’è qualcun altro nella storia: l’aguzzino. Ogni telefonata ogni singolo squillo di quel cellulare sono un brivido, un battito accelerato.
Non risparmiando nulla al suo protagonista Cortès lancia anche qualche colpo basso all’America responsabile di una guerra ormai andata oltre la scusa iniziale, e lancia accuse alle multinazionale che speculano sulla ricostruzione e sulla vita di tanti giovani americani. Merito di tanto successo va anche a Ryan Raynolds, attore che si è dimostrato sorprendentemente bravo in questa pellicola, rimane misurato e mai esagerato nel raccontare il dramma che sta vivendo il protagonista, le scene di isterismo sono coinvolgenti e disarmanti, senza contare i 10 minuti iniziali in cui il senso di soffocamento e terrore si ripercuote su tutta la sala.
In conclusione il film è assolutamente consigliato, certo i fan del cinema “reale” si lamenteranno di parecchie cose: la batteria del cellulare che non si scarica, la cassa eccessivamente grande, ecc. ma per chi ama i thriller di Hitchcockiana memoria questo è il film perfetto per passare una serata incollati alla poltrona del cinema e non stupitevi se alla fine dello spettacolo non vedrete l’ora di uscire dalla sala per ritrovarti all’aperto e respirare.
Lorenzo Colapietro