Dopo la prima stagione andata in onda nella primavera del 2017, “Caro Marziano” torna su Rai 3 tutti i giorni feriali dalle 20:15. L’autore e regista è ovviamente Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, che racconta in poco più di quindici minuti storie di “terrestri” straordinari in una lettera ad un marziano che dovrebbe farsi così un’idea di come sia la vita sulla Terra.
Il trucco narrativo è chiaro: raccontando ad un extra-terrestre le storie di alcuni personaggi che hanno fatto o fanno ogni giorno qualcosa di straordinario, Pif allude al fatto che i veri marziani siano loro. La lettera, così rivolta ai telespettatori, risulta essere un invito a prendere i personaggi raccontati come esempi di senso civico e umanità.
Lo sono sicuramente i protagonisti delle tre puntate dedicate al magistrato Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” assassinato il 21 settembre del 1990 dalla Stridda, la mafia che all’epoca controllava la provincia di Agrigento. Livatino fu ucciso come tanti magistrati in quel periodo perché combatteva con le armi della legge il potere fino ad allora incontrastato delle organizzazioni mafiose; ma oggi, che è in corso il processo di beatificazione, è anche un simbolo di integrità morale grazie alla sua dedizione verso il proprio lavoro e la propria comunità. Infatti con la sua massima “prima di essere credenti bisogna essere credibili” ha dato prova di uno spessore morale incommensurabile, anche nella sua scelta-forse rivelatasi fatale-di rifiutare la scorta per non mettere in pericolo altre vite oltre la sua.
Connessa a quella di Livatino, il programma racconta un’altra storia di integrità: quella di Piero Nava, il testimone oculare dell’omicidio. Un uomo che trovatosi casualmente sul luogo sbagliato al momento sbagliato- o meglio, il luogo e il momento erano fatalmente perfetti- è sato uno dei primi a rompere il muro dell’omertà denunciando gli assassini; il che lo ha costretto a rinunciare a tutto, dalla famiglia al lavoro, a causa di un programma di protezione dei testimoni improvvisato perché non esistevano precedenti, tanto erano sporadici i casi di collaboratori di giustizia.
Entrambi esempi di Marziani: esseri umani fuori dal comune che hanno fatto cose per molte persone nemmeno pensabili. E non l’hanno fatto per un tornaconto personale, anzi, entrambi, in modi diversi, ci hanno rimesso la propria vita. Lo hanno fatto perché ritenevano che nel loro stare nel mondo forse si potesse trovare una ragione più grande, un senso che va oltre le singole individualità per guadare al genere umano come qualcosa di cui prendersi cura, nelle azioni di tutti i giorni e con gesti eroici che daranno l’esempio per le generazioni a venire.
E questo è quello che fa anche Pif: un servizio pubblico per cercare di migliorare una società individualista ed egoista, raccontando le storie di persone che hanno deciso che la loro ragione di vita doveva essere fare qualcosa per gli altri.
Il racconto di Pif è chiaramente partigiano, prende posizioni sui personaggi e commenta secondo la propria coscienza. Un aspetto che rende il programma autentico è che lo storyteller palermitano non è mai eccessivamente accondiscendente con i propri intervistati: fa battute e commenti ironici, un po’ per sdrammatizzare e un po’ per non prendersi e non prender-li troppo sul serio, anche e soprattutto quando le storie sono già di per sé serie e drammatiche.
È insomma una voce spontanea e non stereotipata, un punto di vista che esprime la propria personalità per il solo fatto di esserci; infatti è proprio lì, dietro quella macchina da presa tenuta costantemente con la mano destra, lo sguardo che il pubblico è invitato ad assumere, con gli occhi commossi e attenti di un osservatore speciale: un “testimone” che denuncia e invita a denunciare le ingiustizie e ammira e invita ad ammirare i gesti altruisti e collettivisti.
Giovanni Vitale