L’angolo di Michele Anselmi
Erano anni che non mi divertivo così tanto al cinema. “C’est la vie! – Prendila come viene” dura due ore, mica poco per una commedia, eppure arrivi alla fine e quasi vorresti che andasse avanti, tanto è oliato il meccanismo della storia corale e delle vicende individuali, preciso l’equilibrio tra affondi buffi e risvolti esistenziali. Del resto Eric Toledano & Olivier Nakache sono i registi di “Quasi amici”, sanno commuovere e far sorridere, anche se qui preferiscono solo far ridere, forse perché il film nacque dopo gli attentati islamisti del 2015, quasi rispondendo all’urgenza di comporre qualcosa di festoso dopo tante morti. Non caso il titolo francese della commedia, che esce il 1° febbraio targata Videa dopo l’anteprima di ottobre alla Festa di Roma, suona “Le sens de la fête”.
Il banchetto di nozze è un classico della commedia survoltata, uno sfondo ideale per ambientare trasalimenti e tradimenti, rivincite e rese dei conti, amori che muoiono e amori che nascono. Toledano & Nakache scelgono però un punto di vista originale, quello di un navigato “wedding planner” alle prese con un ricevimento da far tremare le vene e polsi in un sontuoso castello seicentesco. Max, ovvero Jean-Pierre Bacri, attore straordinario e qui anche sceneggiatore, sa di non poter fallire, ne va della sua reputazione, tanto più ora che ha scelto di chiudere in bellezza passando ad altri il timone della sua piccola impresa specializzata in ricevimenti di lusso.
Pierre, il pretenzioso sposo trentenne, gli ha chiesto di organizzare “qualcosa di sobrio, chic ed elegante”, sicché lui, al pari di un capocomico esigente e autoritario, mobilita la sua multietnica compagnia di cuochi, camerieri, intrattenitori e fotografi, definendo ogni dettaglio. Ma “la prima” si rivela subito più complicata del previsto. Il cantante un po’ alla Johnny Halliday è un pasticcione che canta “Se bastasse una canzone” di Eros Ramazzotti in un italiano maccheronico; il fotografo scroccone e presuntuoso si porta letto la mamma dello sposo; un cameriere imbucato confonde i bicchieri flûte con i flauti appesi al muro; un black-out elettrico rende immangiabile il piatto principale. Ed è solo l’inizio di uno psicodramma frenetico nel quale il logorato Max deve fare i conti pure con la sua infelice fidanzata-collaboratrice.
Scandito, un po’ alla maniera di “Birdman”, da un jazz percussivo e minimalista che enfatizza situazioni e disastri, “C’est la vie! – Prendila come viene” non perde un colpo: le trovate sono spassose, le caratterizzazioni gustose, le differenze di classe argute. Trionfa il clima umoristico, a tratti pure in una dimensione da “screwball comedy” americana alla maniera di “Hollywood Party”, benché i due registi preferiscano citare, tra i modelli ispiratori, lo sbarazzino “Garçon!” di Claude Sautet con Yves Montand.
Bacri giganteggia, per finezza e sfumature, nel ruolo del direttore d’orchestra sopraffatto dalle note stonate del suo ensemble mal assortito e dalla ridicola pomposità dei committenti; ma tutti gli interpreti sono scelti con cura, intonati al registro, a partire dal fenomenale Gille Lellouche nei panni del rocker démodé e sciupafemmine.
Il mio consiglio personale per questo week-end cinematografico? Vedere prima “C’est la vie! Prendila come viene” per farsi venire una botta di buon umore e subito dopo “The Post” di Steven Spielberg per riscoprire come sa essere grande, se vuole, il cinema americano.
Michele Anselmi