L’angolo di Michele Anselmi
A partire dal titolo un po’ enigmatico, che recita “Pacifiction – Un mondo sommerso”, il nuovo film del 47enne cineasta spagnolo Albert Serra induce alla curiosità. Esce oggi, giovedì 18 maggio con Movies Inspired, e bisogna sapere che dura 160 minuti, non indossa una drammaturgia classica ed esige dallo spettatore una benevola attenzione. Ma è un bel film, non convenzionale, nel quale bisogna distendersi provando a farsi sedurre. “Pacifiction” come un mix tra Pacifico, nel senso di oceano, e fiction, nel senso dell’invenzione. Non a caso spiega il regista: “Volevo realizzare una fantasia nella quale racchiudere il contemporaneo. Per rinnovare l’intensità della percezione si deve distorcerla, così ho cercato di mettere i soggetti politici attuali – presenti nella storia – in un contesto che sfugge alle loro abituali rappresentazioni. Un universo esotico, decorativo, misterioso”. Così è in effetti.
Siamo a Tahiti, nella Polinesia francese, ex colonia ancora nei fatti governata dalle autorità di Parigi. Per chi non ricordasse sono 5 arcipelaghi, per un totale di 118 isole e 275 mila abitanti. Da quelle parti, specie a Mururoa, a partire dagli anni Sessanta fino al 1995, i francesi hanno effettuato micidiali test nucleari, con riprovazioni internazionali. Il film sembra ripartire da lì. Siamo, si direbbe, nel 2015: un ammiraglio sbarca sull’isola con alcuni marinai per passare una serata al club “Paradise”, frequentato da omosessuali, con camerieri muscolosi che servono in mutande bianche, gestito da un certo Morton, e lì facciamo la conoscenza dell’Alto Commissario francese, monsieur De Roller, incarnato dal formidabile Benoît Magimel.
Corpulento, capelli biondastri, occhiali da sole sul blu, abito bianco doppiopetto alla maniera di Antoine, camicie a fiori, espadrillas arancioni ai piedi, il rappresentante politico e amministrativo della République è un uomo soave e ambiguo insieme. Teorizza che “troppe emozioni uccidono la razionalità”, ama vivere in quel “paradiso” di mare, sole e palme che fu così caro al pittore Gauguin, cercando di farsi benvolere da tutti, anche per sincera convinzione: infatti concede cortesie, rispetta i costumi locali, ha tanti amici polinesiani, si fa persino tentare un po’ da un cameriere trans, Shannah, che vorrebbe diventare suo segretario. De Roller, insomma, non vuole rotture di scatole. Ma gira una voce con insistenza, sempre più insidiosa: i francesi stanno per riprendere, vent’anni dopo, quegli sciagurati esperimenti nucleari, che causarono morti, proliferazione di cancri e malattie generiche, fuga dei turisti.
Il film, girato benissimo a luce naturale, tra panorami di intensa suggestione, confidando su un copione forse via via abbandonato per lasciare agli attori un certo grado di improvvisazione, racconta la strana indagine personale che il francese si mette in testa di condurre, senza dare troppo nell’occhio, per capire ciò cosa sta succedendo davvero. Del resto ci sono segnali striscianti, come se le grandi potenze straniere, specie Cina, Russia e Usa, fossero preoccupate dell’aria che tira su quegli atolli.
Naturalmente “Pacifiction” non è una spy-story tradizionale, anche se appaiono strani personaggi sull’isola (un portoghese, un americano…) e di notte alcune belle prostitute locali vengono trasportate in barca non si sa bene dove (un sommergibile militare?).
Spira un’aria fosca, anche sordida e viziosa, diciamo sospesa, piena di vuoti, su questo film che può essere certamente letto come un apologo sul post-colonialismo. De Roller sembra un intellettuale prestato alla politica: scrive e si occupa di scrittori, si fida più dei polinesiani che del suo governo lontano, vorrebbe solo vivere tranquillo, cullato dagli alisei e immerso in quel mare potente (c’è una sequenza magnifica con lui lambito dalle onde anomale ambite dai surfer).
Magimel, oggi 49enne, è un attore francese dai tratti alquanto “maledetti”: arrestato più volte per guida pericolosa e droga, ex compagno di Juliette Binoche, specializzato in ruoli rischiosi, anche estremi, da “cattivo”. Serra costruisce il suo torrenziale film totalmente su di lui: corpo, voce, atteggiamenti, sguardi. E fa bene.
Michele Anselmi