Le lettere del titolo si confondono davanti agli occhi dello spettatore: sono infatti scritte
al contrario e per renderle intelligibili occorrerebbe rovesciare la locandina, smarrendone però il significato complessivo. Meglio allora forzare lo sguardo a una prospettiva antitetica a quella consueta. Il paradosso di una biografia capovolta è ciò che il volto in primo piano vorrebbe riassumere: l’uomo, Benjamin Button- protagonista di un racconto di Fritzgerald, fonte letteraria del lungometraggio- è nato vecchio e morirà bambino. Le rughe senili sono sfregio solo provvisorio e parziale al bel viso di Brad Pitt, la cui fronte si sta aprendo e rasserenando in una miracolosa rinascita alla giovinezza. Le apparenze comunque non svelano gli effetti interiori del prodigio o della mostruosità a seconda di come la si consideri: Benjamin vivrà la lieta favola di una corsa a ritroso verso l’energia adolescenziale anziché verso la decadenza dell’anzianità? Oppure soffrirà la tragicità eccezionalità di un individualità, fuori dal tempo e chiusa a qualsiasi prossimità affettiva con gli altri?
