“Citadel”, su Prime Video dal 28 aprile, si apre su un panoramico treno che sfreccia tra le Alpi italiane in cui due agenti – Mason e Nadia – di una prestigiosissima e segretissima organizzazione di spionaggio, Citadel appunto, si incontrano e quasi si sfidano a portare a termine la missione: peccato che i due agenti finiscano in una trappola che segna la fine dell’organizzazione. Otto anni dopo, Mason – che, persa la memoria, ora si chiama Kyle – viene intercettato da quello che era il tech guru dell’agenzia, Bernard Orlick, il quale lo richiama all’ordine e lo rimette sulle tracce di Nadia che, nel frattempo, si era rifatta anche lei una vita, ignara di tutto. Nella migliore delle tradizioni, c’è una minaccia che incombe su tutti loro – incarnata dall’algida e spietata ambasciatrice Dahlia Archer – e ci sono anche innumerevoli segreti e non detti che fan sì che non ci si possa fidare di nessun personaggio, nemmeno dei più amichevoli.
Guardando i primi due episodi della serie ideata dai fratelli Russo ci si rende conto di essere davanti ad una serie interessante, ma che non porta nessuna novità nel panorama del film di spionaggio. Ritroviamo tutto quello che nei film di James Bond e della serie “Mission: Impossible” è stato ampiamente utilizzato: doppie identità, amnesie, gadget super tecnologici e macchine che parlano, agenti che fanno il doppio gioco, torture, mental trick, viaggi supersonici da una parte all’altra del globo, basi segrete, tutto già scritto come un copione che si ripete senza aggiungere nulla di nuovo.
L’unica, grande, differenza è che Citadel vanta una qualità produttiva davvero invidiabile: è girato come i migliori film e non bada a spese quando deve rendere realistiche esplosioni, pestaggi e altri incidenti vari. In più la serie vanta un cast di altissimo livello, che funziona perfettamente nella versione originale, come la coppia Madden-Chopra Jonas che sono a loro agio nell’action e risultano credibili come coppia mostrando sullo schermo una chimica immediata; la villain perfetta interpretata da Leslie Manville e uno straordinario Stanley Tucci che – come sempre – risulta credibile nel ruolo del guru tecnologico/mente di Citadel.
La serie in sé è ottima e con grandi potenzialità, solo che si scontra con un pericolo concreto: quello di cadere nell’inessenzialità, facendo perdere il senso di guardare l’ennesimo thriller basato sul binomio buono/cattivo su scala geopolitica mondiale; è probabile che il nucleo centrale della storia sarà snocciolato sul lungo periodo considerando che sono già stati confermati gli spin-off locali (tra cui quello italiano con Matilda De Angelis) e una seconda stagione. In conclusione, l’ambizioso thriller dei Fratelli Russo corre veloce e spedito, ma non riesce ad evitare tutte le prevedibilità del caso.

Flavia Arcangeli