L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per “il Secolo XIX”

Dici Colt 45 e vedi il Far West. Idem per il Winchester ’73. Non a caso, subito dopo la guerra 1861-1865, che noi chiamiamo di Secessione e gli americani Civile, le due armi da fuoco, pistola e fucile, fecero tutt’uno con l’epopea della Nuova Frontiera. Pure perché ricaricabili con le stesse pallottole. Furbi gli yankee. E lesti a far diventare Samuel Colt (1814-1862) un mito immarcescibile. «Dio creò gli uomini diversi, Colt li rese uguali» recita un celebre adagio. Non significa granché ma suona bene.

Dagli Usa arriva ora la notizia che Colt Defense, l’azienda di armi nata 179 anni fa, dichiara bancarotta. Il debito da 355 milioni di dollari non pare ristrutturabile, sicché il gruppo, in amministrazione controllata da domenica 14 giugno e provvisto di una piccola liquidità d’emergenza, circa 20 milioni, stanziata dalle banche, rischia di andare all’asta il 3 agosto. Un compratore si troverà di sicuro, vedrete: difficile uccidere la Colt, anche ora che pare avere la pallottola spiantata più che spuntata.

E tuttavia anche questo marchio americano ad alto tasso evocativo, tanto da esser diventato sinonimo dell’oggetto di riferimento, qualche inceppamento l’ha dovuto subire. L’esercito Usa adopera come fucili d’ordinanza i modelli M-4 e M-16, solo che il contratto è scaduto nel 2013 e di rinnovo non si parla nell’era Obama; peraltro sin dal lontano 1985 la Colt automatica 45 è stata sostituita dalla nostra Beretta M9, più affidabile e robusta, benché meno “iconica”. Non bastasse, i poliziotti in borghese usano da tempo le Glock austriache, più leggere e affidabili, come insegnano i telefilm. Ormai solo l’esploso Steven Seagal, nei filmacci e filmetti d’azione che gira, usa nostalgicamente quella vecchia pistola nata nel 1911, con caricatore da sette colpi nel manico di legno e disegno elegante. Triste tramonto per l’arma che al cinema abbiamo visto in mano a poliziotti, gangster, detective, soldati di infinite guerre: Prima, Seconda, Corea, Vietnam. Qualcuno, se sopra i 50, ricorderà forse la “Jaguarmatic”, replica di plastica sognata dai bambini italiani di ogni censo: poi la moda passò.

In compenso sembrava resistere all’usura del tempo il potere simbolico della Colt 45 a tamburo, detta “The Peacemaker”, la pacificatrice ad azione singola e 6 colpi che ogni pistolero, cowboy o ufficiale teneva nella fondina. A canna lunga (per colpire più lontano) o corta (per estrarla prima), la pistola ha arricchito da sempre l’immaginario western, e non solo: pure il generale Patton, per gusto civettuolo, ne portava due col manico d’avorio. Quanti duelli all’OK Corral, quanti dollari d’onore o dollari bucati, quanti dollari in più o in meno; sotto il poncho marrone e lo spolverino lurido, sopra la giubba blu o la giacca con le frange. Pareva impermeabile alla ruggine, sempre pronta a far fuoco.

Invece perfino la Colt 45 ha subito qualche colpo mortale, causa revisionismo operato dall’estetica western dopo gli anni Ottanta. Se negli “spaghetti western” Clint Eastwood sparava solo con quella, forse più facile da reperire in Almeria, poi, tornando a casa a girare film più adulti e storicamente attendibili, si divertì a variare armi. Nel “Cavaliere pallido”, più fantasmatico che mai, stende tutti con la Remington a tamburo estraibile; negli “Spietati” sfodera una Starr 1859 e una Smith & Wesson Schofield oltre che un fucile Spencer. Tom Selleck, in “Carabina Quigley” ambientato in Australia ma western di fatto, trafora i cattivi da lontano col suo micidiale Sharps per la caccia ai bisonti; e il rugoso vaccaro Robert Duvall, nel più recente “Terra di confine – Open Range”, preferisce la Remington 1975 e una doppietta alla consueta Colt Army a canna lunga usata dal compare Kevin Costner.

Insomma, anche il film western, sia pure agonizzante presso il grande pubblico tranne inattese resurrezioni orchestrare da Quentin Tarantino (già alle prese con il nuovo “The Hateful Eight”), ha cambiato armaiolo per rifarsi il look, ripescando negli archivi storici revolver Kerr, Bisley, Whitney o fucili Volcanic, Maynard, Burgess. Del resto, in “Django Unchained”, ambientato nel 1858, l’ex schiavo fighetto Jamie Foxx spara all’universo mondo usando una Colt Navy 1851 e una Remington modello ‘58, per non fare un torto a nessuna delle due pistole.

È anche vero, però, che la Colt è la Colt: non ci piove. Enrico Massi, un collezionista di Senigallia, non ha dubbi: «È come la Ferrari, le riconosci subito. Le altre sono station-wagon». Però… «Il declino, prima industriale e poi simbolico, viene dalle imitazioni. Le repliche cinesi delle Colt 45 automatiche, costruite dalla Norinco sono perfette, nell’acciaio usato e pure nei pezzi di ricambio o negli accessori. Il mito rimane, specie se le usi per sparare ai barattoli, e costano le metà delle originali». Anche un terzo, volendo.

Michele Anselmi