L’angolo di Michele Anselmi 

Lavorare in fretta e a basso budget fa bene a Gabriele Salvatores. Prodotto da Indiana e Raicinema, arriva giovedì 10 giugno nelle sale “Comedians”, piccolo film girato in quattro settimane, praticamente tutto in un interno, s’intende tratto dall’omonima pièce teatrale dell’inglese Trevor Griffiths. Non è la prima volta che il regista di “Mediterraneo” si misura con questo testo, ma rispetto alla versione scenica da lui allestita nel 1985, la quale rappresentò un trampolino di lancio per attori oggi noti, da Claudio Bisio a Silvio Orlando, da Antonio Catania a Paolo Rossi, l’attuale cine-rilettura è più fedele alla partitura originale, senza svolazzi, divagazioni e improvvisazioni, cambiando quel minimo necessario per trasferire la vicenda da Manchester a Milano.
L’idea di fondo? Parlare di comicità, ambizioni, miraggi e successo partendo dalle umanissime frustrazioni di sei aspiranti “stand-up comedians” decisi a evadere dai rispettivi lavori, non più considerati gratificanti, anzi decisamente frustranti.
Era il 1975 quando Griffiths vide rappresentare per la prima volta il suo “Comedians”, con la regia di Richard Eyre; sembra un secolo fa, ma secondo Salvatores non molto è cambiato in materia, nel senso che aspiranti comici continuano ancora a gareggiare in televisione, spesso esponendosi a figuracce, nella speranza di essere notati e messi sotto contratto.
Piove a dirotto in una Milano invernale, livida, marroncina; e dentro un’aula scolastica sei uomini aspettano con una certa trepidazione il loro grande momento. Sono il proprietario di un club di periferia, un barista, un operaio, un impiegato delle ferrovie, un agente immobiliare e suo fratello. Istruito da un comico spiantato ma con idee chiare sul far ridere, tal Eddie Barni, il sestetto si prepara ad essere esaminato, in un teatrino poco distante, da un talent-scout romano, Bernardo Celli, in grado di garantire, forse, un ingaggio televisivo.
Barni e Celli si detestano, sin da quando calcavano i palcoscenici; e intanto i sei, insicuri sui loro “numeri” a lungo provati, si confrontano animatamente sul senso della comicità. Dietro di loro, su una lavagna, campeggia una citazione dal “Macbeth” di Shakespeare: “La vita è solo un’ombra che cammina, un povero attorello sussiegoso che si dimena sopra un palcoscenico per il tempo assegnato alla sua parte, e poi di lui nessuno udrà più nulla”. Chiara la metafora, no?
Avrete capito che Barni e Celli, sullo schermo incarnati da Natalino Balasso e Christian De Sica, rappresentano due concezioni opposte del mestiere di comico: per l’uno “una battuta non deve solo alleggerire la tensione, la comicità è una medicina, non una caramella dolciastra che fa marcire i denti”; per l’altro “due risate è meglio di una, non è necessario che voi amiate la gente, ma è necessario che la gente ami voi”. In fondo hanno ragione entrambi, benché i loro argomenti sembrino a prima vista inconciliabili. Di sicuro non sarà facile per i sei cabarettisti, che hanno i volti di Ale & Franz, Marco Bonadei, Walter Leonardi, Giulio Pranno e Vincenzo Zampa, prepararsi a quell’esordio, scegliendo da che parte stare: “impegno” o “evasione”?
Suggerirei di non vedere “Comedians” pensando alla chiacchiera recente su “LOL” o alle polemiche sugli affondi fessi di Pio e Amedeo, anche se certo tutto fa brodo. Salvatores, che viene dal Teatro dell’Elfo, dice di aver preparato con cura la messa in scena, facendo in modo che gli interpreti, dopo due settimane di prove, si sentissero come in una squadra di calcio, capaci di interagire sul set e di girare velocemente davanti alle due cineprese pilotate da Italo Petriccione. In effetti, tutti e otto gli interpreti risultano intonati al progetto registico, ciascuno veicolando una certa idea di comicità: facilona, grottesca, volgarotta, dialettale, “clowneristica”…
Racchiuso tra “Rain Dogs” di Tom Waits e “Il volo del calabrone” rifatto alla chitarra da Peppe Cairone, “Comedians” è insomma un film sul ridere che non si preoccupa di far ridere, forse apparirà a tratti “antico”, pure un po’ artificioso nel suo realismo astratto, però si vede volentieri. L’unica battuta che strappa un sorriso forse è quella pronunciata da un immigrato che capita per caso in quella classe: “Se vedi tutto grigio, sposta elefante”.
PS. Nel 1987 Salvatores girò un film, “Kamikazen – Ultima notte a Milano”, con dialoghi di Gino & Michele, ispirato a “Comedians”.

Michele Anselmi