In libreria per i tipi di Odoya, Conan la leggenda di Enrico Santodirocco analizza il personaggio creato dal maestro dello Sword and Sorcery Robert E. Howard e magnificato al cinema da John Milius. Presentiamo il prezioso volume attraverso una corposa intervista a Santodirocco, autore di un saggio-guida perfetto per addentrarsi in un universo nel suo genere unico per coesione e capacità di fascinazione.
Conan la leggenda mette insieme l’accuratezza della ricerca e un serio studio filologico per analizzare un personaggio che attraversa letteratura, cinema, fumetto e molto altro. In che modo hai armonizzato i diversi metodi analitici?
Dalla sua nascita Conan ha cambiato pelle di continuo, passando dalla narrativa classica a quella a fumetti, poi al cinema, alla TV, divenendo, in ultimo, anche un fenomeno di merchandising. Ho pertanto provato a dare il giusto spazio a ogni vita vissuta dal cimmero, cercando, ove possibile, di segnalare le interconnessioni che legano le varie arie tematiche. Quando, ad esempio, ho affrontato la vita dell’autore, ho puntato a sottolineare le esperienze che hanno contribuito alla nascita del suo personaggio più fortunato; nei fumetti, ho indicato quali racconti di Howard sono stati adattati e con che differenze; nel cinema, le influenze delle storie, sia a fumetti che letterarie, sulla produzione delle pellicole, senza rinunciare a dire quanto del materiale su Conan è stato portato in Italia. In appendice, infatti, ho fornito il libro anche di una guida che descrive quali racconti o storie a fumetti sono contenuti in un dato libro o albo.
Conan la leggenda è un libro insolito per il panorama editoriale italiano. Da dove nasce l’idea e come hai lavorato con Odoya?
In un periodo in cui il genere fantastico gode di tanta popolarità, ho trovato quantomeno bizzarro che non ci fosse in libreria un testo su un personaggio così iconico e fondamentale per la letteratura popolare. Ecco perché, mosso dalla passione per il personaggio e consapevole di avere abbastanza materiale per avventurarmi in un’impresa simile, ho deciso di cimentarmi nella stesura di un saggio che lo raccontasse in tutte le sue forme, permettendo anche al giovanissimo di orientarsi nel vasto universo di Conan e all’appassionato di scoprire qualcosa di nuovo su di lui. Un modo, nel mio piccolo, per puntare ancora una volta i riflettori sul barbaro e dargli l’importanza che merita.
Odoya è stato l’editore, cui mi sono rivolto per dar vita alla mia idea. Essendo un’autorità nell’ambito della saggistica, ho inviato loro il mio manoscritto, nella speranza che potesse trovare spazio nel loro prestigioso catalogo. Dopo la firma del contratto, ho fornito Mauro Cremonini, il bravissimo grafico e supervisore del mio lavoro, di una ricca gallery d’immagini, frutto di una lunga ricerca iconografica. A queste immagini Odoya ne ha aggiunte altre, andando a creare il testo che trovate nelle librerie. Siccome anche l’occhio vuole la sua parte, per la copertina, ho segnalato a Mauro il nome di Gerald Brom, un illustratore internazionale che si fece un nome per il suo stile “alla Frank Frazetta” sperando di poter ottenere uno dei suoi lavori. Così è stato.
Il tuo libro è in parte anche la biografia di un autore fondamentale per il fantastico. Quali sono stati gli studi di riferimento?
Non si poteva affrontare Conan senza prima ricostruire la vita del suo creatore. Per farlo, mi sono avvalso di numerose fonti. Tra queste, le principali sono state Conan the Phenomenon, il saggio di Paul Sammon, e Blood and Thunder: the life and art of Robert Howard di Mark Finn. Per quest’ultima devo ringraziare Roberto Luppi un appassionato del personaggio che ha provveduto a fornirmi estratti e traduzioni del libro. Ho cercato, però, di non farmi mancare nulla, quindi ho consultato anche vecchi redazionali di libri o fumetti e, per aver un’idea più intima dello scrittore, visto lo splendido film, Il mondo intero, tratto dall’opera di Ellis Novalyne Price One Who Walk Alone.
In Italia penso all’interesse dimostrato da Pilo e Fusco, ma non mi viene in mente molto altro… Com’è il rapporto tra Howard e il nostro Paese?
Se si guarda ad Howard attraverso la sua opera più rappresentativa, il rapporto non può che dirsi solido e direi anche di lunga data. L’Italia è un Paese che ha amato e continua ad amare profondamente Conan. Oltre ai citati Pilo e Fusco, bisogna ricordare che la produzione cinematografica di Conan il barbaro e Conan il distruttore era di Raffaella e Dino de Laurentiis, che la colonna sonora di Yado era di Ennio Morricone, che i primi videogiochi usciti su Conan (delle avventure testuali) erano stati realizzati da italiani. Ancora, che il recente gioco da tavola L’era di Conan è della Ares Games, una casa editrice italiana, senza dimenticare i numerosi fumetti che nel periodo in cui nacque la suddivisione italiana della Marvel videro la luce grazie al talento di autori e disegnatori del nostro Paese. Forse non sono in tanti a saperlo, ma la Yorick Fantasy Magazine, una rivista dedicata al fantastico, pubblicò ben due raccolte ufficiali, vale a dire con la licenza della Conan properties, di racconti dedicati a Conan, con i titoli di Nel segno di Conan e il Ritorno di Conan d’Ausonia. Lo stivale tricolore è quindi stato dietro al processo produttivo d’innumerevoli lavori sul cimmero e la nascita di gruppi sui social dedicati a Conan e allo Sword and sorcery, come Italian sword and sorcery, testimonia che l’interesse del nostro Paese nei confronti del barbaro è più vivo che mai.
La parabola cinematografica di Conan è piuttosto particolare. Dal capolavoro di Milius si arriva ad un remake tutt’altro che riuscito passando per le variazioni di Fleischer. Come affronti questo aspetto nel tuo saggio?
Nel mio saggio ho cercato di tratteggiare la storia cinematografica di Conan, prestando attenzione alla produzione di ogni pellicola, delineando la trama e i riferimenti letterari e fumettistici, lì dove presenti, e offrendo uno sguardo anche ai progetti naufragati o futuri. Ho provato anche a dare spazio alle produzioni minori o, addirittura, fan made che, pur avendo mezzi modesti ed esiti mediocri, hanno ciò che tante grandi produzioni troppo spesso perdono, il cuore e la passione.
Qual è il rapporto tra il fumetto classico e le declinazioni cinematografiche? In che modo si è evoluto nel tempo?
Fumetto e cinema sono due media molto vicini e in qualche modo complementari con una storia relativamente recente, ma che sta conoscendo, oggi più che mai, un periodo fortunato e prolifico. In fondo, un fumetto è quanto di più vicino a uno storyboard cinematografico e rende per uno studio di produzione la trasposizione di un albo una scelta quasi fisiologica. Nel caso di Conan, il fumetto è stato non solo il mezzo per estendere il suo pubblico e per espandere la sua mitologia, ma anche un trampolino per il grande schermo. La prima sceneggiatura del film di Milius, poi scartata, era di Ed Summer e di un altro autore, Roy Thomas, una delle penne più brillanti del barbaro nei comics. Quasi in uno scambio di favori tra vecchi amici, della pellicola uscirà anche un adattamento a fumetti. Ancora più pesante è il ruolo dei comics nel seguito Conan il distruttore, dove lo screenplay, in seguito pesantemente rimaneggiato da Stanley Mann, era scritto da Roy Thomas e Gerry Conway. Del film uscirà ancora una volta un adattamento a fumetti, e, alla stregua di un director’s cut, un albo che narra la storia come era stata concepita da Thomas e Conway prima della riscrittura di Mann. Così anche nell’ultimo film con Jason Momoa è possibile sentire l’impronta lasciata dal fumetto Nato sul campo di battaglia di Gregh Ruth e Kurt Busiek. Insomma, per quel che concerne il barbaro, cinema e fumetto sono andati quasi sempre di pari passo, ed è auspicabile che anche in futuro sia così. D’altronde piccolo e grande schermo si stanno via via allineando come forme di comunicazione, il primo, non facendosi mancare i mezzi del secondo e il secondo, sfornando capitoli su capitoli dei brand di maggiore richiamo, spianando ambedue la strada a quel personaggio che già nei racconti di Howard e poi nella sua seconda vita a fumetti, era di fatto seriale.
Da un punto di vista letterario, chi credi abbia raccolto l’eredità di Howard?
Difficile dirlo. Ogni autore è figlio del proprio tempo e Howard non fa eccezione. La ricerca di una nuova forma di narrazione, la sperimentazione e la mescolanza di generi che hanno fatto di Howard un precursore e un innovatore, lo rendono, per molti versi, unico e inimitabile. È possibile rinvenire tratti comuni in scrittori a lui temporalmente vicini, come Moorcock e Lieber, più ostico, è invece, trovare un erede moderno, proprio perché lontano per sensibilità dal contesto socio culturale in cui lo scrittore si è formato. La letteratura è in continua mutazione e, pur potendo sentirsi ancora oggi un’eco profonda del lavoro di Howard in svariate opere, non solo letterarie, è cambiato considerevolmente il modo di avvicinarsi al fantastico. Il sense of wonder, cui mirava lo scrittore di Cross Plains lascia il posto in molte occasioni ad senso di raccapriccio che nasce dinanzi a situazioni che non sorprendono perché fantastiche nell’accezione letteraria del termine, piuttosto, perché eccezionali nella loro scabrosità o imprevedibilità. Non è la creatura proveniente da un lontano passato a spaventare, quanto il lato più oscuro che emerge dall’uomo giusto, o quello virtuoso che affiora dall’uomo ingiusto. Il contesto fantastico è sempre più lasciato sullo sfondo per dare vita ad una sorta di para-realismo. Prendendo, ad esempio, una saga sulla bocca di tutti, Le cronache del fuoco e del ghiaccio è innegabile che sia un’opera profondamente diversa dal Conan di Howard, eppure è possibile scorgere nei personaggi di Martin, ricchi di umane contraddizioni, e nelle loro sfumature caratteriali, la fioritura di quei semi presenti in tutto il ciclo dedicato al cimmero, dove un selvaggio proveniente dal nord, un ladro, un assassino, era capace di mostrarsi un re giusto, un amico leale, un amante appassionato e gentile.
Parliamo della sovrapposizione tra Conan e Howard… Un caso quasi da manuale.
Scrivere, per un autore, è sempre un modo di raccontarsi, anche quando il tema o il contesto sembra lontano dalla sua vita. Nel caso di Howard, Conan è stato uno specchio talvolta fedele, altre volte deformante di ciò che lo scrittore era, ma in ogni caso un riflesso della sua personalità. La forza prorompente della sua penna può essere paragonata alla forza che Conan dimostra in battaglia; le sue peregrinazioni in giro per il Texas, al vagabondare di Conan per il mondo hyboriano; la corporatura del cimmero, vicina a quella che Howard costruì con anni di palestra e sport. Ma per altri versi i due erano molto distanti. Se il cimmero quasi in ogni avventura poteva contare sulla dolce compagnia di una bella fanciulla, Howard ebbe nella sua vita, con ogni probabilità, due sole donne: la madre Hester e l’amica/amante Novalyne Price; se il primo era sempre sicuro di sé e capace di gettarsi alle spalle una giornataccia con un boccale di birra, Howard era fragile e estremamente pessimista. In sintesi, attraverso analogie e differenze è possibile affermare che se Howard ha raccontato Conan, Conan ha raccontato Howard.