Forse non tutte e cinque le stelle di un capolavoro, ma 4 ½ questo film le merita tutte.
“Coraline e la porta magica”, regia di Henry Selick, prende le dovute distanze dal libro di Gaiman, che è probabilmente troppo cupo e troppo disperato per un target di bambini e ragazzini, ma si risolleva in immagini di esaltante bellezza e poesia. Il regista, sicuramente supportato da Gaiman stesso, alleggerisce la trama, aumentando il suo senso allegorico e restituendole il suo valore mitopoietico e rituale, che nel testo è limitato dall’angoscia e dalla cavernosità della battaglia. Coraline diventa l’eroina del film, in cui sconfigge il male, la strega, e salva la sua famiglia, anche se non lo meritava, e – inevitabilmente – cresce, trasformando la bambina annoiata che vediamo nelle prime scene, in una perfetta padrona di casa ed organizzatrice di feste. Graficamente è un capolavoro assoluto. Eccellente a tutti livelli. Le immagini nel giardino sono da oscar, non a caso sono affidate a Dave McKean, già collaboratore di Neil Gaiman in molte altre occasioni. La colonna sonora è altrettanto da lode, scritta dal gruppo dei ‘They might be giant’. Inoltre l’uso della ripresa passo uno e del 3D con la dovuta parsimonia, senza esagerazioni porta il film ad essere una pietra miliare nella storia dei cartoon. Ed allora perché non cinque stelle? Perché manca Tim Burton, si potrebbe dire. Certamente il film ha dei momenti in cui la follia visionaria del regista si riconosce, ma si poteva esagerare. In fine Coraline rimane, nonostante tutto, un film sui buoni sentimenti, sul valore del focolare e della famiglia, mentre in realtà vi era il potenziale per frantumare totalmente quest’approccio, cedendo integralmente al surrealismo di alcuni passaggi, e decretando così l’impossibilità del ritorno alla normalità. Invece questo viene volutamente cercato e proposto: come dicevamo Coraline diventa una perfetta padrona di casa, è cresciuta, non vive più nel sogno (o nell’incubo, nel suo caso), lo ha seppellito per sempre, nel pozzo più profondo. Ora la maschera è quella della realtà e si potrebbe quasi immaginare una Coraline adulta con dei bambini, assente come sua madre. Sarebbe interessante chiedere al regista quanto di questo messaggio di secondo livello è sua iniziativa e quanto invece sorge da se, dall’autonomia del racconto. Certo è che la questione veglia – sonno / sogno – realtà non può che essere centrale nell’autore di Sandman, che dei sogni è il signore. Certamente, ed una volta di più, staremo ben attenti a non aprire quella porta.