L’angolo di Michele Anselmi
Dopo “Maigret” ecco un altro poliziesco francese da vedere appena esce, giovedì 29 settembre, prima di ogni altro film, italiani inclusi. “La notte del 12” di Dominik Moll, 60 anni, cineasta tedesco trapiantato in Francia, è un capolavoro, e sapete che non uso mai l’impegnativa definizione. Un noir preso dalla vita vera, ispirato a uno dei tanti casi, purtroppo irrisolti, raccolti da Pauline Guéna nel libro inchiesta “18.3 – Une année à la PJ”.
Onore a Teodora Film che lo distribuisce e mi auguro che il pubblico italiano, così pigro e distratto, disaffezionato al cinema in sala, salvo eccezioni hollywoodiane, si faccia incuriosire, perché “La notte del 12” merita tutto il prezzo del biglietto (se lo trovate in francese coi sottotitoli è anche meglio).
Una didascalia sui titoli di testa avverte che ogni anno in Francia si registrano circa 800 omicidi, il 20 per cento dei quali viene archiviato, senza che il colpevole sia assicurato alla giustizia. Il caso di Clara Royer è uno di questi. Siamo a Saint Jean, piccolo comune montano, nella notte del 12 ottobre 2016. La bionda ventunenne in short torna a casa dopo una serata tra amiche, verso le tre: un uomo con casco integrale sguscia fuori dal buio, le spruzza dell’alcol in faccia e le dà fuoco con un accendino giallo. Clara muore di lì a poco, dopo una corsa forsennata nel parco.
Chi è stato? E perché una modalità così atroce, come per le “streghe”? Nella vicina Grenoble il giovane Yohan è appena diventato capo di una squadra di investigatori in borghese. L’uomo è solitario, laconico, appena può prende la bicicletta da corsa e corre nel velodromo, non ha una fidanzata. Insieme al veterano Marceau, appena mollato dalla moglie incinta dell’amante, va in missione a Saint Jean per far luce su quella morte orribile. “La gelosia produce un numero enorme di delitti” scandisce Marceau, che sa a memoria i versi di Verlaine e sembra a un passo da crollo di nervi. Yohan è metodico, lucido, si blocca solo quando incontra i genitori di quella povera ragazza straziata; ma subito capiamo che il caso finirà col divorarlo. Ogni poliziotto ne ha uno che non gli dà pace.
Il film ricostruisce l’indagine del 2016, dalla quale emerge un comportamento disinibito della vittima nei confronti di uomini coetanei e più adulti, spesso cinici o maneschi; Clara, insomma, volentieri si concedeva sessualmente, ma può essere considerata una colpa? Certo che no, eppure anche tra i poliziotti…
“C’è qualcosa che non va tra uomini e donne” teorizza tre anni dopo Yohan, quando una giudice sensibile al tema dei “femminicidi”, in prossimità del 12 ottobre, decide di riaprire il caso nella speranza che l’assassino si faccia vivo sul luogo del delitto.
Spiega Moll: “La natura sordida del crimine mi ha fatto esitare, spesso sono turbato dal modo in cui certi film mettono in scena la violenza”. Sarà anche per questo che “La notte del 12” racconta con pudore estremo, senza addolcire nulla ma con rispettosa sensibilità, la doppia ossessione: quella del regista e quella dell’investigatore, finendo con l’intrecciare simbolicamente i due piani.
Ogni uomo è potenzialmente colpevole in questa storia torva e impietosa, raccontata a luce naturale, quasi senza musica, che rovista nelle dinamiche maschio/femmina, suggerisce dolorose riflessioni sulla natura umana e maneggia con cura gli ingredienti del genere.
Aggiungo che “La notte del 12” suona come una lezione, anche estetica, a quei cineasti italiani che usano il noir come un mero esercizio di stile, esagerando in effetti e artifici. Moll, invece, estrae pena e tormento da questa vicenda mai chiarita, approdando a un finale che custodisce un barlume di speranza, forse la fuoriuscita da un’ossessione.
Gli attori sono magnifici, da Bastien Bouillon a Bouli Lanners, da Anouk Grinsberg a Mouna Soaulem, solo per dirne quattro tra i tanti. In Francia il film, dopo l’anteprima a Cannes 2022, è stato visto al cinema da circa 450 mila spettatori; mi auguro che in Italia non passi inosservato. Sarebbe un piccolo crimine.
Michele Anselmi