"Dati e controdati" di Roberto Faenza

Oggi parliamo di cinema & di dati. Premessa: il cinema è una macchina così unica, una industria così insolita, che neppure gli economisti e gli esperti di statistica riescono a capirle e interpretarle. Prendiamo il caso Italia: a fine dicembre, solo due mesi fa, produttori e distributori piangevano per un’annata, il 2009, andata parecchio male per l’industria nostrana, rispetto a un 2008 già ridotto. Ma ecco di questi giorni la notizia di una nuova locomotiva che fa correre gli incassi del cinema nazionale. Idem si può dire per il mercato americano. In USA il 2009 si è chiuso con Hollywood in crisi causa la recessione: si sono prodotti meno film e le major si sono limitate a scommettere solo sui successi sicuri. Nel 2008 erano stati prodotti 606 film, molti dei quali destinati a poche città (o solo a dvd o solo a internet, come è ormai la prassi quando si ha poca fiducia nel box office sala). Alla fine del 2009 si pensava pertanto a un 2010 ancora più ridotto, con un numero complessivo di film da produrre non superiore ai 400, una miseria se si pensa che lo scorso anno solo la Spagna ne ha prodotti quasi 200 (per l’esattezza 183). Ma ecco che a fine anno scoppia il fenomeno “Avatar”, i cui incassi stratosferici registrati in pochi giorni di programmazione, ugualmente disseminati in tutto il pianeta, manda a scatafascio stime e previsioni. Torniamo all’Italia. Anno 2009: l’Anica, l’associazione nazionale dell’industria cinematografica, comunica che gli incassi hanno “tenuto” nonostante la crisi, ma sono diminuiti gli incassi dei film italiani, la cui quota scende dal 29 al 23%, a vantaggio degli americani. Il primo dato è dunque positivo: il mercato cinema ha mantenuto le posizioni nonostante la crisi, dimostrandosi una delle rare industrie in grado di non pagare dazio alla recessione economica mondiale. Il secondo dato è invece allarmante: la diminuzione della quota di film nazionali a vantaggio dei competitor hollywoodiani. La flessione registrata di circa sei punti equivale a una perdita secca del 20% di pubblico interessato a vedere i film italiani. La causa? I produttori sostengono che dipende dall’incapacità del nostro cinema di rinnovarsi, troppo facilmente abituato a ripetere se se stesso, anziché trovare nuovi linguaggi e nuove formule. Va precisato che se gli incassi delle sale hanno tenuto (+5% rispetto al 2008), il merito va ascritto principalmente al successo del 3D, che ha spopolato nel corso di pochissimi mesi. Basti pensare che sino al 2008 le sale 3D erano poco più di 40 e oggi sono diventate oltre 450 e già appaiono insufficienti per soddisfare la nuova moda. Sul lato opposto, va segnalato che mentre spopolano le sale 3D, in pochi anni hanno chiuso ben 750 schermi cinematografici, per lo più nei centri storici, a vantaggio dei multiplex, che come è noto si rivolgono principalmente a un pubblico giovanile, penalizzando il cosiddetto cinema d’autore. Inutile aggiungere che sinora il cinema 3D, costoso sia da produrre che da distribuire, è di appannaggio dei soli americani, anche perché è difficile immaginarsi la commedia italian style girata in 3D e meno che mai il cinema d’autore, il cui costo medio di produzione non supera i 3 milioni di euro. Infatti non è un caso che a fronte di un maggiore incasso biglietti sia diminuito il numero di film italiani prodotti: scesi a 97 dai 123 del 2008, dato piuttosto preoccupante. Anche qui facile comprenderne la causa: tagli al FUS, il fondo unico per lo spettacolo che supporta gran parte dei film italiani, specie d’autore; successo del 3D dove non si trova un solo film italiano: in Italia dobbiamo risalire a Totò del 1953 per trovare una pellicola 3D. Vale la pena spendere qualche accenno a quell’esperimento, subito votato all’insuccesso, a riprova che la tridimensionalità non si addice al genio italico. L’idea di tridimensionare il grande Totò venne alla ditta Ponti-De Laurentis, allora unita, che dopo aver sperimentato il colore decise di lanciarsi nel 3D brevettando un sistema chiamato Podelvision (dalle iniziali dei cognomi dei due produttori). Il film viene girato con 3 macchine da presa, ma quando esce le sale attrezzate sono solo 10 e il pubblico pagante è così poco che le copie in 3D vengono subito sostituite con copie normali, il che non impedisce un vistoso flop da parte di un pubblico che vedeva il 3D come una diavoleria insensata. Tornando a noi: il 2009 dunque si spegne all’insegna del pessimismo. Non sono bastati il buon esito di “Baaria” di Tornatore (circa 10 milioni di euro al box office), penalizzato dall’esclusione alle candidature degli Oscar, e neppure l’inaspettato exploit di “Cado dalle nubi” con l’esordiente Checco Zalone (oltre 14 milioni). A Natale scemano le previsioni di buoni incassi sia da parte del supercollaudato cinepattone della ditta De Laurentis-De Sica (che comunque incassa pur sempre 20 milioni di euro), sia da parte di un Pieraccioni in tono minore (che arriva comunque attorno ai 14 milioni di euro). Il 2010 sembra dunque aprirsi all’insegna del pessimismo, che domina anche il mercato dell’home video, in una crisi forse senza ritorno. Vediamone i dati, il primo davvero allarmante: 1.000 videoteche chiuse negli ultimi 20 mesi! Le cause? Risponde l’Anvi, l’associazione dei videonoleggiatori: è il file-sharing la vera causa del crollo, il sempre più diffuso downloading illegale di opere audiovisive protette da diritto d’autore. Le conseguenze? Un fatturato dimezzato dal 2004 a oggi. La complessità della crisi è tale da mettere in discussione innanzitutto il pianeta internet e le problematiche concernenti la condivisione di opere protette dal diritto d’autore su siti che operano al di fuori di ogni normativa. Qui si dovrebbe aprire una discussione su web e diritto d’autore, vedi la recente legge francese Hadopi, che arriva all’estremo di disconnettere chiunque venga colto per tre volte “con le mani nel sacco”, a scaricare film o altri contenuti audiovisivi protetti dal copyright. E’ questo un tema che vede in guerra due “popoli” contrapposti: da una parte i naviganti abituati ad avere tutto gratis, dall’altra autori e produttori preoccupati che le proprie opere vengano fruite senza autorizzazione. Come andrà a finire nessuno lo sa, ma è indubbio che qualche rimedio bisognerà pur trovare se è vero che un film in uscita il venerdì, il giovedì è già offerto gratuitamente sul web da “pirati” sempre più sofisticati. Abbiamo dunque detto che il 2010 si è aperto pieno di buio all’orizzonte, ma ecco il miracolo dell’inversione di tendenza. Passano poche settimane e il ciclone Avatar anziché sterminare fa lievitare il cinema italiano, che comincia a registrare ottimi risultati al box office. Dopo “Natale a Beverly Hills” e “Io e Marilyn, parte molto bene il film di Verdone (attorno ai 16 milioni di euro), bene quello di Virzì (attorno ai 6 milioni), un po’ meno bene rispetto alle aspettative quello di Muccino (ma arriverà comunque attorno ai 9 milioni) e intanto si attendono i risultati di Moccia, Avati, Veronesi, Soldini, Ozpetek, Salvatores, oltre ad altri autori che inducono a ben sperare. Come per incanto le cassandre che prospettavano un 2010 in ulteriore calo per il cinema italiano vengono tacitate dagli incassi al botteghino, che registrano nel solo mese di gennaio un + 50% rispetto allo stesso mese del 2009. E’ la prova del nove che al cinema fare previsioni è come il gioco d’azzardo: meglio tenersene lontani.