L’angolo di Michele Anselmi

La sorpresa era nell’aria o forse no. Fatto sta che il David di Donatello per il miglior film è andato a “Le otto montagne”, diretto da due registi belgi, Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, e lanciato nelle sale, con buon successo di pubblico, oltre 6 milioni di euro al botteghino, da Vision Distribution, ovvero Sky. Probabile che a Rai Cinema s’aspettassero un premio in famiglia, visto il notevole investimento economico della casa madre sulla serata in diretta su Raiuno; ma è andata così, e forse agli oltre 1.700 giurati il filmone tratto dal best-seller di Paolo Cognetti è parso più meritevole dei due grandi favoriti, ovvero “La stranezza” di Roberto Andò ed “Esterno notte” di Marco Bellocchio.
E gli altri premi? Abbastanza ben dati, si direbbe con l’idea, non so quanto consapevole, di attribuire parecchie statuette non ai soliti noti. Ricapitolando un po’, togliendo il riconoscimento principale e senza citare tutti. Migliore regia: Bellocchio appunto per “Esterno notte”; miglior attore protagonista: Fabrizio Gifuni sempre per “Esterno notte”; migliore attrice: Barbara Ronchi per “Settembre”; miglior attore non protagonista: Francesco Di Leva per “Nostalgia”; migliore attrice non protagonista: Emanuela Fanelli per “Siccità”; migliore sceneggiatura originale: Andò, Massimo Gaudioso e Ugo Chiti per “La stranezza”; migliore sceneggiatura non originale: “Le otto montagne”; migliore esordio: Giulia Louise Steigerwalt per “Settembre”; miglior produttore: Angelo Barbagallo, Attilio De Razza, Medusa e Raicinema per “La stranezza”; miglior documentario: “Il cerchio” di Sophie Chiarello.
Di sicuro lo show tv è troppo lungo, anche perché sono tanti i premi da dare, inclusi gli omaggi alla carriera, quest’anno tre: la produttrice Marina Cicogna, l’attrice Isabella Rossellini e lo sceneggiatore Enrico Vanzina. Sky, che produsse due edizioni qualche anno fa, avrebbe voluto tagliare qua e là, per imprimere velocità alla serata; ma non se ne fece nulla, sicché, tornati su Raiuno di mercoledì, serata un po’ moscia sul fronte Auditel, i David sono stati recuperati nella loro interezza, il che significa anche noia.
Matteo Bocelli, figlio di quello famoso, e Noemi hanno cantato e suonato al pianoforte, diciamo così così: l’uno ricordando chi se n’è andato in questi ultimi mesi, l’altra omaggiando Anna Magnani. Per fortuna non ci sono state siparietti comici, di solito riescono male; mentre il ministro Gennaro Sangiuliano bene ha fatto a spedire sul palco la sottosegretaria (leghista) Lucia Borgonzoni, in abito lungo arancione e chiome al vento, che ha annunciato una campagna estiva da 20 milioni di euro in sostegno del cinema in sala.
In platea, ai Lumina Studios, molti volti sorridenti, a testimonianza di quella che Barbagallo ha voluto definire la ritrovata passione/coesione del cinema italiano, il senso di comunità. Ma sarà vero? Non che le cose stiano andando proprio bene per i film in sala, sul piano degli incassi, con l’eccezione appunto di “La stranezza”, “Il grande giorno” e da ultimo “Il sol dell’avvenire”. E forse non è nemmeno vero, come ha scandito Conti con una punta di esagerazione, che “la storia dei David di Donatello è la storia del nostro Paese”. Ma una certa retorica cine-patriottica fa parte del rito televisivo, e dunque ci sta.
Resta la domanda: perché i premiati non si preparano un discorsetto? Semplice, efficace, conciso, che dica qualcosa, e non sia fatto solo di ringraziamenti per nome a figli, mogli, mariti, genitori e colleghi spesso sconosciuti. Con l’eccezione di Fabrizio Gifuni, il quale ha reso omaggio ai bravi colleghi in lizza con lui e ha saputo condensare il senso del suo lavoro, e di Bellocchio, che s’è detto sinceramente felice per il David alla regia, il suo settimo, e saggiamente interessato a fare ancora “belle cose”. Il suo nuovo “Rapito” sarà in concorso a Cannes tra pochi giorni per uscire subito dopo; e intanto venerdì e sabato prossimi Raitre ripropone la miniserie “Esterno notte”.
La premiazione, starring Carlo Conti e Matilde Gioli, non ha riservato sorprese di sorta, sul piano dello spettacolo intendo. La consueta retorica sul cinema italiano, “il migliore del mondo” (?), tanta commozione, qualche lacrima, la solita musica di Ennio Morricone e tanta pubblicità ai film della Rai.
Elodie, premiata per la migliore canzone, è salita sul palco praticamente in mutande: per essere bella è bella, ma non si capisce perché debba presentarsi sempre così, mezza nuda. Anche Gioli, nella prima parte, ha optato per una specie di nude-look, esibendo una scollatura fino all’ombelico. Il più simpatico? Forse Matt Dillon, un po’ spaesato e preso al volo per premiare Isabella Rossellini.

Michele Anselmi