Premio Oscar come miglior film straniero, Departures racconta la storia un violoncellista di Tokyo, Daigo Kobayashi,  che vede sciogliersi l’orchestra in cui suona e insieme svanire il suo sogno di musicista proprio quando sembrava stesse diventando realtà. Si ritrova così senza lavoro ed è costretto a far ritorno nella provincia rurale di Yamagata, dove è cresciuto e dove dovrà iniziare da capo un’altra vita. Alla ricerca di un’occupazione si imbatte in un’offerta allettante, quella di “preparatore di viaggi” (così cita il giornale di annunci) e Daigo e la moglie Mika pensano a qualcosa che abbia a che fare ovviamente con il turismo. L’ex strumentista si accorgerà presto che non è così e si troverà catapultato in mondo tanto inquietante quanto affascinante, quello delle onoranze funebri.

Una professione, come negarlo, particolare soprattutto per chi ci si avvicina per caso; crescere nell’azienda di pompe funebri di famiglia (come spesso accade a chi fa questo lavoro) è tutt’altra cosa, fin da piccoli ci si abitua al tipo di mestiere che fa papà e tutto può sembrare più naturale, vedi l’allegra famiglia Fisher di Six Feet Under, richiamo per carità scontato ma questa pellicola potrebbe tranquillamente rappresentarne uno spin-off!
Ecco, in questo film la particolarità sta nell’approccio al tipo di lavoro: Daigo (Motoki Masahiro) ,che all’inizio appare ovviamente impacciato, distaccato, quasi fosse motivo di vergogna essere finito a truccare e preparare cadaveri, riesce poi ad ambientarsi al clima di “partenza” e, attraverso una maturazione interiore, ne fa sua la poesia che c’è dietro. Complice di questa crescita spirituale è senz’altro il Nokanshi, lo stupendo rituale che in Giappone fa apparire quello che noi rozzamente chiamiamo “becchino” come un’artista che nell’esprimersi rende omaggio alla salma ed ai suoi familiari.
Nonostante il difficile tema trattato, il film diretto da Yojiro Takata , che rappresenta una delle vere poche sorprese nelle assegnazioni Oscar di quest’anno (per i giurati è più bello anche del favorito Valzer con Bashir), scorre in maniera abbastanza leggera, alternando momenti di introspezione e riflessione  ad espressioni da parte degli attori quasi da commedia, il tutto condito da tanto simbolismo e molta poesia tipici del cinema d’autore giapponese.
 
di Marco Napolitano
 
 Il Trailer di Departures