Il diario americano di Roberto Faenza | Come fare un film a New York e sopravvivere
Televisione e cinema. In America la tv, a differenza dell’Italia, è spesso avanti rispetto al cinema: più coraggiosa, più capace di sperimentare e innovare, più calata nella realtà. Ricordo le parole di Giancarlo De Cataldo quando afferma che la nostra televisione è ferma al fotoromanzo degli anni Cinquanta. Oppure mostra un paese che non esiste: preti detective, carabinieri e poliziotti integerrimi, santi e papi. La HBO, la cable tv a pagamento, per lo più senza pubblicità, produce film di notevole qualità, palestra ideale per attori e registi giovani. Amatissime quanto i migliori film sono alcune serie tv di grande successo, vedi True Blood, dove tutti i giovani attori e registi fanno la fila per recitare o dirigere un episodio. Una delle eroine di True Blood, Deborah Hann Woll, la vampira dai capelli rossi, è tra i protagonisti del mio Un giorno questo dolore ti sarà utile. E’ forse la giovane attrice più richiesta del momento, seguitissima dal pubblico giovanile. La vuole Bruce Willis nel suo nuovo film e la cercano sia l’estroso Robert Duvall che l’ombroso Terrence Malik.
Ben Affleck, da attore diventato anche regista e produttore, ha dichiarato che è più facile rapinare una banca che fare un film. Condivido la metafora anche se estrema. Oggi mettere in piedi un film è diventato impresa di complessità spaventosa. Decine di finanziatori da cercare, centinaia di persone da coordinare e dirigere. Altrettante che vogliono dire la loro, imporre un’idea, anche solo una battuta. Il povero regista deve ascoltare tutti e cercare di non deludere il maggior numero di persone che gli stanno attorno.
Pop Corn. Molte sale cinematografiche, la cosa accade anche in Italia, incassano più con la vendita di bibite e popcorn che con i biglietti del film.