Il diario americano di Roberto Faenza | Come fare un film a New York e sopravvivere

> Quinta puntata

Giovani tuttofare. Perché facciamo film? Perché inventiamo di continuo nuove storie? Che bisogno c’è di tutte questo raccontare quando la realtà e la vita quotidiana non fanno altro che raccontare molto di più e molto meglio di quanto siamo capaci noi? E’ una domanda alla quale non sappiamo rispondere. Forse un po’ troppo filosofica, tipo le domande strambe di Quelli della notte di arboriana memoria.  Perché soprattutto tra i giovani si agita una folla aspiranti registi, attori, sceneggiatori, fotografi? Perché tutte le università fanno gara a mettere tra le materie cinema, recitazione, teatro, scrittura, nuovi media. Spendono fortune per attirare i docenti migliori, i migliori registi, i migliori scrittori, i migliori coach. Mentre sino a pochi anni fa tutti cercavano di specializzarsi, ora si cerca di saper esercitare qualsiasi funzione: l’attore, il regista, il fotografo, lo scrittore, l’artista. Prendiamo il caso di James Franco. Giovanissimo, si  è imposto recitando nei panni di James Dean. Poi lo abbiamo visto nella trilogia di Spider Man. E’ diventato una star, eppure non smette di studiare, di tutto e di più. Si è iscritto alla UCLA e ha preso un diploma in inglese. Non contento, è volato a New York a iscriversi contemporaneamente alla Columbia per studiare scrittura creativa e alla NYU per studiare filmaking. Non gli è bastato: è passato al Brooklyn College per imparare a scrivere fiction, quindi si è trasferito in North Carolina al Warren Wilson College per studiare poesia. Infime a Yale per un PHD in letteratura e al Rhode Island School of Design per studiare arti visuali. Tutto ciò mentre tra un corso e un altro recita vari ruoli da protagonista
New York, zoo umano a cielo aperto. La città si presenta come uno sterminato campionario umano. La varietà di persone  che trovi qui non la vedi in nessuna parte del mondo. Lo stesso vale per gli animali, soprattutto i cani di razze che trovi solo qui. In città quasi tutti hanno un cane, segno di un desiderio di compagnia, per una cittadinanza spesso di single e di cuori solitari. I volti della gente, i loro abiti, meglio sarebbe dire costumi tanto sono spesso sconcertanti, il trucco, le acconciature, le calzature, i modi di fare… tutto ciò meriterebbe la realizzazione di un documentario. Basterebbe girare per le strade armati di telecamere, ma sarebbe sufficiente un cellulare puntato sulla folla.
Una città difficile per fare cinema.  Dopo l’11 settembre la città vive in paranoia. Vorrei vedere fosse il contrario per una gente che si è vista cadere le due torri sotto gli occhi durante l’incredibile attacco degli aerei kamikaze. All’esigenza di sicurezza si aggiunge una burocrazia persino superiore a quella italiana. Una babele di permessi rende la vita della nostra troupe sempre più difficile. Vuoi girare in un parco? Devi richiedere l’autorizzazione alla direzione del parco, alla guardia forestale, all’ufficio del sindaco, spesso allo stesso governatore. Voglio girare una scena con Lucy Liu e Toby Regbo sulla sull’Highline, il nuovo parco sopraelevato costruito sui binari di una vecchia linea metropolitana in disuso. La direzione dell’Highline e l’Associazione che ha dato vita a questo inusuale parco urbano che attraversa la parte bassa di Manhattan (Associazione che si è battuta perché il Comune non si limitasse a demolire la vecchia metropolitana, ma costruisse in sua vece il parco) in un primo tempo ci respinge l’autorizzazione a girare, adducendo tra gli altri motivi il fatto che analoga richiesta è stata negata di recente a Oliver Stone, il quale voleva ambientare lì un suo imminente film. Dopo estenuanti trattative ci concedono la possibilità di girare a  patto di non portare più di 5 persone, inclusi i due attori. Una condizione impossibile. Il nostro direttore della fotografia Maurizio Calvesi, bravissimo, ha però una trovata: piazzare le macchine da presa su un tetto circostante e su una gru ai bordi della strada prospiciente il parco. Mandiamo sulla Highline i nostri due attori con tre assistenti nascosti tra la folla e riusciamo a girare una bella scena.

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