We Don’t Need Another Hero cantava Tina Turner nella colonna sonora di Mad Max- Oltre la sfera del tuono, frase capace di descrivere perfettamente il momento che Hollywood sta vivendo. Non riuscendo più a lanciare nuovi “eroi”, infatti, gli Studios hanno deciso di rifugiarsi nel passato: “Se nessuno ha bisogno di nuovi eroi, ridiamogli quelli del passato”. Ma gli Usa hanno deciso di fare le cose in grande e oltre a far tornare sullo schermo tanti attori e personaggi, che sembravano ormai legati al nostro passato di spettatori, ha deciso di riesumare un genere che si era ormai dato per spacciato: l’Action. Quello degli anni ’80, di Ronald Regan, dei nemici sovietici e degli ex nazisti, in cui tutta la trama ruotava intorno alla fisicità dell’attore, di cui John McTiernan e Shane Black sembravano avere sancito la fine con il metalinguistico Last Action Hero – L’ultimo grande eroe.

Da allora ci sono state poche pellicole del genere, qualcosa di buono (Die Hard-Duri a Morire, True Lies), e tanti brutti film (tutti gli Schwarzenegger post True Lies). Poi, nel 2010, un redivivo Sylvester Stallone porta nelle sale I mercenari – The Expendables e nel giro di due anni assistiamo al ritorno di molte delle vecchie icone action. Un ritorno che si rivela, in realtà, un incredibile flop, sfornando una serie di discutibili pellicole nate solo per i nostalgici; ad uscirne bene, da questo inatteso ritorno, è l’unico che in realtà non se ne era mai andato: Bruce Willis.

Riuscendo ad alternare il suo ruolo di eroe action a quello di attore “serio”, Willis c’è sempre stato, scegliendo buoni copioni e limitando la propria presenza nelle pellicole di bassa qualità, non molte quelle cui ha partecipato. Almeno fino a Die Hard – Un buon giorno per morire. La nuova pellicola diretta da John Moore, infatti, è priva di ogni possibile interesse. Si tratta di un film dalla trama flebilissima, con una sceneggiatura piena di buchi, che come unica trovata ha quella di spostare McClane in Russia, sebbene fuori tempo massimo. Con pochissime scene d’azione, spesso ripetitive e mal dirette da Moore, mestierante che lavora al di sotto dello standard richiesto per un’occasione come questa e finisce col rendere il tutto confuso. Anzi, noioso. Die Hard- Un buon giorno per morire non mina la credibilità di Willis, ma sicuramente pone fine alla saga di John McClane, invischiato in una parabola discendente pellicola dopo pellicola fino al fondo di questa tarda e incredibile avventura.

Marco Scali