L’angolo di Michele Anselmi

Vado scrivendo da qualche tempo, s’intende inascoltato, che chi dirige un festival cinematografico dovrebbe usare una certa misura nel presentare alla stampa il menù dell’incipiente edizione. Invece ha preso piede il costume di incensare anticipatamente i film che si sono scelti e saranno sottoposti al giudizio di pubblico e critica, presentandoli ad uno ad uno, in conferenza stampa estenuanti, a prima vista per logica “democratica” (non fare favoritismi), in realtà solo per rendere omaggio al proprio lavoro di selezionatori.

Dal 2017, per dire, lo fa Alberto Barbera, direttore della Mostra di Venezia, nell’afflizione dei giornalisti che raramente riescono a fare domande dopo un’ora e passa di accurata descrizione dei titoli, anche quelli delle sezioni minori. Gli aggettivi sono sempre gli stessi, mi sono riletto le mie cronachette: “Sorprendente”, “bellissimo”, “eccentrico”, “straordinario”, “spericolato”. Non è un bel sentire, francamente. Perché è come chiedere a un oste che cosa pensi del suo vino: dirà che è buonissimo. Sapete, la locuzione “infinocchiare” viene da lontano, dall’antica Roma: i commercianti di vino facevano mangiare del finocchio agli acquirenti prima di dar loro da bere perché così la bevanda risultava più gradevole.

Vedo che anche Paola Malanga, neodirettrice della Festa del cinema di Roma, s’è ispirata allo stesso stile comunicativo. Ieri, come ho notato in un articolo un po’ ironico, ha presentato il copioso programma della 17ª edizione, la prima da lei pilotata, passando in rassegna tutti i film di almeno quattro sezioni (il presidente Gian Luca Farinelli ha fatto il resto). Naturalmente tutti, a suo parere, sono “incredibili”, anzi “straordinari”, in alcuni casi “assolutamente straordinari”, con l’avverbio rafforzativo.

Mi pare una scelta insensata, un po’ da “imbonitori”. Un direttore di festival dovrebbe, secondo me, dirsi fiero e convinto della selezione messa a punto nel suo insieme, citare alcuni titoli a mo’ di esempio, non tutti perché sennò diventa un Calvario per chi ascolta, e aspettare che pubblico e critica si esprimano qualche settimana dopo. Barbera, Malanga e tutti gli altri del ramo hanno il potere di scegliere i film e di proporli; la recensione, però, non spetta a loro farla.

Michele Anselmi