Uomini, condottieri, imperatori e senatori, quasi tutta la storia parla al maschile relegando il ruolo femminile a quello di matrona ovvero moglie devota, silenziosa e accogliente. Ben poco spazio hanno avuto i nomi e i volti di queste donne, ma lo scrittore Simon Burke ha voluto far emergere un nome su tutti nella storia di Roma: Livia Drusilla Claudia, figlia di Marco Livio Druso Claudiano e di Alfidia, moglie di Tiberio Claudio Nerone e poi di Gaio Giulio Cesare Augusto, protagonista della nuova e attesissima serie tv “Domina” uscita il 14 maggio su Sky Atlantic e Now Tv.
La linea temporale entro cui si sviluppa la ricostruzione storica si riferisce alla fase successiva la morte di Giulio Cesare fino ad arrivare, come suggerito dalle didascalie in apertura, a circa venti anni prima della nascita di Cristo. In questo lungo percorso la struttura narrativa richiama inequivocabilmente quella del “viaggio dell’eroe”, in cui l’imperatrice vive due fasi salienti legate l’una alla giovinezza, con l’attrice Nadia Parkes che mette in risalto lo stretto legame tra la giovane Livia e il padre evidenziandone la profonda lealtà alla famiglia e alle conoscenze acquisite, l’altra alla maturità con Kasia Smutniak. I valori puri e intonsi, a cui la donna giurerà fedeltà, porteranno ad una maturazione tale da rendere Livia Drusilla la vera e consapevole detentrice di un potere intellettuale alla portata di pochi uomini e che lei sceglierà di rendere funzionale al ristabilimento della Repubblica a Roma. Il passaggio tra le fasi è chiaro e supportato dalla definizione di luci, colori e piani che acquisiscono strategicamente un’intensità differente e fortemente simbolica: Giulia Augusta ha vinto, l’imperatrice è nata sfidando le logiche del patriarcato e del Pater Familias, governando un impero dalla “cabina di regia”.
Impavida, coraggiosa, fiera e onesta, è così che giudicheremmo Livia in una logica femminista esasperata, ma se volessimo invece sfruttare le potenzialità del racconto ci accorgeremmo che uomini e donne non si cannibalizzano mai sulle scene, anzi sono posti sullo stesso piano: senatori, imperatori e matrone, in quanto esseri umani fatti di istinto e razionalità, esigono tutti un tornaconto personale.
La genialità di un simile prodotto audiovisivo sta proprio nella sua imparzialità a priori, nessuno schieramento di genere ma solo pura oggettività: Livia non è la rappresentazione del predominio femminile sull’uomo, tanto da dimostrare lei stessa come ambizioni ed ideali non possono sempre sfuggire le logiche del compresso, è lei stessa a cadere sempre più nella trappola della dominatio.
Il ruolo della Domina è dunque meritevole della medesima dignità del Dominus, nonostante sia ancora necessario compiere un passo in più per non rimanere mai di due indietro; finalmente un potere femminile ha reso degna una donna di essere definita “l’uomo più intelligente di Roma” e per di più con annessa posticipazione della subordinata “e anche la più bella”.

Cristina Quattrociocchi