L’angolo di Michele Anselmi
Toni Servillo e Dustin Hoffman devono proprio credere a “L’uomo del labirinto”: non solo vi recitano, ma sui titoli di testa appaiono anche in veste di produttori esecutivi. Ciò detto, nel secondo film di Donato Carrisi, sempre tratto da un suo romanzo, i due attori si incontrano solo una volta, nel finalissimo, al bancone di un bar vuoto, producendosi in un dialogo apparentemente futile che però chiarisce alcuni snodi cruciali, almeno dovrebbe.
Per il resto la sfida è a distanza, e naturalmente lo scrittore-regista ingarbuglia parecchio le cose, diciamo che un po’ bluffa e un po’ bara. Ma fa parte del genere. Succedeva anche con “La ragazza nella nebbia”, che giusto due anni fa incassò circa 3 milioni e 700 mila euro al botteghino. Niente male per un esordio.
Squadra che vince non si cambia, quindi Carrisi, sempre con Medusa e Colorado Film, ha richiamato Servillo affiancandogli, al posto di Jean Reno, una star come Hoffman, ormai di casa in Italia, tra comparsate tv e pubblicità turistiche, ma pur sempre un nome spendibile sul mercato internazionale. Il regista continua a citare Hitchcock tra i suoi ispiratori, nonché un certo cinema noir tra “Il silenzio degli innocenti” e “Game”, senza dimenticare, non sia mai, David Lynch, Dario Argento e Sergio Leone. In verità un Sergio Leone figura anche nel cast di “L’uomo del labirinto”, è l’attore senza volto che si cela sotto la testona zoomorfa di Bunny: il minaccioso uomo-coniglio con gli occhi rossi e illuminati a forma di cuore (non pensate a Frank, il coniglio gigante di “Donnie Darko”).
Siamo in un’indefinita metropoli del futuro prossimo venturo, dove le persone portano nomi strani, i poliziotti sembrano uscire dal un serial americano, il caldo torrido intorpidisce i sensi e tutti ascoltano Radio Pentecostale. Quindici anni prima, mentre andava a scuola, fu rapita l’adolescente Samantha Andretti, e non se ne seppe più nulla. Ora che è stata miracolosamente ritrovata, viva, seminuda e con una caviglia rotta, un anziano “profiler”, il dottor Green, ovvero Hoffman, la interroga dolcemente in una stanza d’ospedale perché superi il trauma e recuperi la memoria. Sul caso irrisolto sta lavorando anche Bruno Genko, ovvero Servillo, uno sfigato investigatore privato, specializzato in recupero crediti, che anni prima investigò sul sequestro e adesso, con le ore contate per una grave infezione al cuore, a bordo della vecchia Saab vuole trovare il malvagio prima di morire.
“L’animale più difficile da cacciare è l’uomo” teorizza il sudaticcio e sgualcito Genko, uno che beve latte e tequila, sente affetto per una bionda squillo d’alto bordo e becca sempre botte in testa come Philip Marlowe. Ma se l’uomo da cacciare ha la testa di un coniglio cambia qualcosa?
Avrete capito che non c’è un solo labirinto in questo noir coloratissimo e ricolmo di musica, dai toni vagamente “hard-boiled”, dove gli indizi e le storie si sovrappongono in modo da creare una certa confusione nella testa dello spettatore, in un gioco di specchi (letteralmente) e di suggestioni psicoanalitiche. Non a caso lo strillo di lancio recita: “Il gioco è nella tua mente”.
Se Hoffman fa del suo professor Green uno psicoterapeuta con gli occhialoni a goccia, sin troppo soave e compassionevole, quindi ambiguo, Servillo rende il suo Genko uno scorticato detective senza più nulla da perdere: sente su di sé il fiato della morte, come avesse già varcato la fatidica Porta. Poi c’è Valentina Bellé, ossia la stordita Samantha che ne ha viste e sopportate di tutti i colori per tre lustri in quel maledetto labirinto sotterraneo, vittima dello squinternato carnefice (sempre che sia così).
Il film è lungo 130 minuti, decisamente troppi, nonostante storie, sottostorie, bellurie e depistaggi. Ho l’impressione che il Carrisi-regista poco sappia tenere a bada il Carrisi-scrittore, lo stile espressivo è un po’ raccogliticcio, tutto strizzatine d’occhio, con gran dispendio cromatico e poca sostanza paurosa. Tutti urlano molto in scena, gli sbirri sono naturalmente dei cretini e perfino Servillo appare un po’ spaesato, mentre Hoffman, doppiato da Giorgio Lopez, si salva col consueto mestiere.
Il tutto nelle sale con Medusa, da mercoledì 30 ottobre, in circa 400 copie.
Michele Anselmi