L’angolo di Michele Anselmi

Diciamo la verità: “50 Primavere” non esisterebbe senza Agnès Jaoui, che nella vita è attrice, sceneggiatrice e soprattutto regista di film come “Il gusto degli altri” e “Così fan tutti”, e qui si limita, per modo di dire perché è bravissima, a recitare nel ruolo di una cinquantenne, mamma e single, alle prese con le “vampate” della menopausa. La vedi, nella commedia romantico/asprigna diretta da Blandine Lenoir e ti chiedi se un’attrice italiana di quell’età, Jaoui oggi ha 53 anni, si metterebbe così in gioco sullo schermo: senza ritocchi plastici, un po’ in sovrappeso, mostrando alcuni segni dell’età, perfino scherzando su quella fase ormonale così critica per una donna. No, naturalmente.
In “50 Primavere” gli sbalzi d’umore sono solo uno dei pensieri di Aurore Tabort. Donna ancora piacente, Aurore è separata dal marito un po’ vanesio conosciuto al liceo; ha due figlie ormai grandi, una delle quali s’è appena scoperta incinta; lavorava felicemente in un ristorante come cameriera, ma il nuovo proprietario fa di tutto per umiliarla, forse pure a causa dell’età. Tuttavia lei non molla: è vitale, generosa, pure spiritosa, non disdegna avventure sessuali se capitano, anche se è appena tornato a vivere nella cittadina balneare, non si vedevano da 25 anni, quel Totoche che Aurore mollò malamente per il futuro marito e ora fa il ginecologo.
Al suono di “Ain’t Got No – I Got Life”, una delle canzoni di “Hair” nostalgicamente infisse nella memoria di Aurore, “50 Primavere” racconta alcuni mesi nella vita di questa donna impavida e fragile insieme. Il tono è buffo ma non irrealistico, le battute sul tempo che passa e gli uomini fissati con le ragazze spesso azzeccate, e certi flashback sul filo dell’onirico in fondo non stonano con il clima generale tendente al sorriso.
“Dopo i trenta, care signore, si entra nella parabola discendente bisogna accettarlo” fa un medico al quale si rivolge Aurore nella speranza di attutire le “caldane” notturne che la spingono a svestirsi e a bere litri d’acqua. D’altro canto, che bazzichi l’ufficio di collocamento in cerca di un impiego decente o che aiuti la pimpante amica del cuore a vendere case, la futura nonna sa di non essere sola: in tante nei paraggi vivono i suoi stessi disagi.
Il film, gradevole e ben scritto dalla regista insieme a Jean-Luc Gaget, naturalmente è costruito in modo che tutti – uomini e donne – parteggino per Aurore: la cinquantenne un po’ maldestra che non si arrende, che si mette ancora la gonna di pelle per fare colpo, che aiuta le figlie un po’ isteriche, che rispetta, soffrendo, la strana ritrosia di Totoche, anche se prima o poi qualcosa tra i due succederà…
Agnès Jaoui, bene doppiata da Gabriella Borri nella versione italiana, giganteggia col suo passo fiero e il seno prorompente, e naturalmente nel corso del film ritroverà il piacere di piacere agli uomini, pure di farsi corteggiare (molto azzeccata la festa con gli ex compagni di liceo). Magari mi sbaglio, ma c’è qualcosa dell’attrice francese nella nostra Isabella Ragonese, gesti, sguardi, movenze, lineamenti: chissà che tra una quindicina d’anni una regista italiana non la ingaggi per una parte del genere.
Il film è nelle sale dal 21 dicembre, con Bim. Dopo una settimana di programmazione è al dodicesimo posto, con circa 170 mila euro di incasso. Pochino. Se posso darvi un consiglio, amiche donne attorno ai cinquant’anni (e non solo), andate a vederlo.

Michele Anselmi