L’angolo di Michele Anselmi
Siete abbonati a Netflix? Dovreste vedere subito “The Diplomat”, l’arguta miniserie in 8 puntate che viene “trasmessa” da qualche giorno, sembra con ottimo gradimento di pubblico in tutto il mondo (intendo quei famosi “190 Paesi” esecrati da Nanni Moretti nel suo nuovo film). Ero scettico, prima di vedere la prima puntata: sbagliavo. L’autrice è Deborah Cahn, una che sa il fatto suo in termini di donne, spie e potere, sin dai tempi di “West Wing – Tutti gli uomini del presidente”, passando per “Grey’s Anatomy” e “Homeland”, ma certo è la presenza dell’attrice protagonista Keri Russell a fare la differenza.
Quarantasette anni, cresciuta in Texas, molto cinema in parti minori, protagonista parecchio tempo fa di una serie intitolata “Felicity” e più recentemente di “The Americans”, l’attrice porta un mix di freschezza, sensualità e faccia tosta nella vicenda. Che la vede nei panni di una ruvisa ambasciatrice esperta di Medio Oriente, una di poche parole e per nulla attenta al look, che si ritrova spedita a Londra, la sede più ambita e prestigiosa, per cercare di risolvere una scottante crisi diplomatica scoppiata tra Regno Unito e Iran (c’è di mezzo un missile lanciato, non si capisce bene da chi, su una portaerei britannica, con 41 marinai rimasti uccisi).
Kate Wyler, questo il nome del personaggio, non vorrebbe essere a Londra: ancora non sa, però, che trattasi di insidiosa prova generale, perché il vecchio presidente degli Stati Uniti, ritagliato sulla figura di Joe Biden, vorrebbe chiamarla accanto a sé a fare la vicepresidente al posto di quella che c’è.
Kate è insofferenze alle regole, non sopporta abiti di lusso e scarpe coi tacchi, fotografie e party, porta preferibilmente jeans o completi giacca e pantaloni; e invece le tocca “apparecchiarsi” a dovere perché l’ambasciatrice statunitense deve onorare l’etichetta pomposamente all british. In più ha i suoi guai coniugali con il marito, incarnato da Rufus Sewell: è stato una star della diplomazia internazionale ma ora non si rassegna a fare “la moglie dell’ambasciatore”. I due litigano e si amano: lei è l’unica ancora in grado di eccitarlo (sessualmente intendo), lui è l’arma segreta che va usata quando tutto sembra andare a scatafascio.
Scritta da Cahn insieme ad altri tre sceneggiatori, diretta da cinque registi diversi, “The Diplomat” è ricolma di personaggi che fanno da gustoso/malizioso contorno, in una chiave a tratti ironica, da “corridoi del potere”, con dialoghi spumeggianti, frequenti allusioni al sesso, anche abbastanza esplicite, dentro un riferimento continuo, verosimile, alla cronaca reale (la Russia ha già invaso l’Ucraina e si allude ai mercenari filorussi della brigata Wagner). Naturalmente, come si diceva, colpisce la bellezza “normale” dell’attrice: svelta, moderna, agile, con poche tette ma un viso accattivante, spesso filmato senza trucco o quasi.
Da vedere rigorosamente in lingua originale coi sottotitoli: perché solo così si potrà apprezzare il gioco degli accenti tra l’inglese parlato dagli americani e l’inglese parlato dagli inglesi (il doppiaggio invece azzera tutto). Del resto come diceva quel tale? “Americani e inglesi sono due popoli divisi dalla stessa lingua”.
Michele Anselmi