L’angolo di Michele Anselmi

I titoli di testa e di coda sono molto belli, fantasiosi, eleganti; il film mi pare invece assai meno riuscito, anche se ha trovato e troverà i suoi estimatori. “American Animals”, nelle sale giovedì 6 giugno con Teodora, dichiara subito in esergo che “questo film non è ispirato a una storia vera: è una storia vera”. Infatti, rivolgendosi direttamente al pubblico, quasi subito appaiono i reali protagonisti della vicenda, oggi invecchiati di una quindicina d’anni rispetto a quando commisero una goffa “rapina del secolo” finita malissimo. Il film dell’inglese Bart Layton mischia le loro confessioni con la ricostruzione dei fatti, tra survoltata e grottesca, affidata a quattro giovani attori che neanche cercano la somiglianza, quasi a suggerire un gioco burlone, ma in fondo amarognolo, tra finzione e realtà, tra mitomania e angoscia.
Tutto avvenne nel 2003 alla Transylvania University di Lexington, Kentucky. Spinti dalla noia e da una sorta di irresolutezza esistenziale, quattro studenti, Spencer Reinhard, Warren Lipka, Eric Borsuk e Charles “Chas” Allen II, decisero di depredare la biblioteca universitaria di due rarissimi e preziosi volumi del valore di 12 milioni di dollari: “L’origine della specie” di Charles Darwin e “Birds of America” di John James Audubon. L’idea era di rivenderli a qualche ricettatore, magari europeo, per tirare su parecchi soldi; ma l’impresa, apparentemente facile, si rivelò irta di ostacoli, anche a causa dell’assoluta maldestrezza del quartetto di “soliti ignoti”.
Benché avessero pianificato tutto, o quasi, con tanto di parrucche, baffi e barbe finte, i quattro ladruncoli non replicarono il colpaccio di “Ocean’s Eleven”: riuscirono solo ad umiliare l’anziana custode della biblioteca prima di ficcarsi in un guaio troppo grande per loro (dovette intervenire l’Fbi a pistole spianate).
“American Animals” si propone, pare di capire, come una commedia generazionale sulla frustrazione e la rabbia, sul bisogno d’avventura per evadere dalla routine quotidiana, dentro una “logica” sgangherata ammantata di ribellismo generico e nichilismo dopato. E tuttavia, a mano a mano che il film mette a fuoco l’insensato piano di Spencer e dei suoi amici, l’adrenalina promessa va a farsi benedire, l’audace colpo diventa una farsetta, e anche la bizzarra innocenza dei quattro lascia il posto al ritratto sopra le righe di quattro “nerd” stupidotti.
Può darsi che le gesta insensate di Spencer e dei suoi complici, incarnati da Barry Keoghan, Evan Peters, Jared Abrahamson e Blake Jenner, custodiscano una densa metafora generazione; di sicuro i veri ladri si beccarono sette anni di carcere e la loro confessione pubblica, pure sincera e malinconica, non li riscatta dopo 116 minuti di film.

PS. I quattro, alla vigilia del furto, si battezzano Mr. Green, Mr. Black, Mr. Yellow e Mr. Pink. L’omaggio cinefilo è al vecchio “Il colpo della metropolitana” con Walter Matthau.

Michele Anselmi