L’angolo di Michele Anselmi
In fondo il film è il racconto, buffo ma non superficiale, malizioso ma non corrivo, di un agognato coito sempre interrotto. Da qualcuno che bussa alla porta, che irrompe nella stanza, che picchia il malcapitato, che impugna una pistola… Esce giovedì 27 aprile, con la Satine di Claudia Bedogni, la commedia “L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice”, scritta e diretta dal francese Alain Guiraudie, oggi 58enne, comunista e omosessuale dichiarato, di cui qualcuno ricorderà “Lo sconosciuto del lago” di dieci anni fa. Il titolo originale recita “Viens, Je t’èmmene”, quello internazionale “Nobody’s Hero”, questo italiano, più esplicativo, magari è un faticoso da ricordare ma rende l’idea dello strano intreccio di corpi e vicende.
Siamo a Clermont-Ferrand. Uscendo di casa per correre, tuta da runner fosforescente e fascia in testa, il quarantenne Médéric, esperto di computer, resta come mesmerizzato dalla non più giovane prostituta Isadora. Vorrebbe sedurla “normalmente”, senza pagarla, lei lì per lì si nega, poi lo richiama al telefono e gli dà appuntamento nel piccolo hotel dove riceve i clienti. Nel mezzo di un amoroso cunnilingus che la fa urlare di piacere (si meravigliano perfino il portiere dell’albergo e la sua assistente nera), irrompe il marito manesco e geloso della meretrice, e se la porta via, costringendola a restituire al poveretto i 50 euro della prestazione mai ricevuti in realtà.
Il terzo personaggio del titolo, “l’arabo”, è Selim, un ventenne senza fissa dimora, appena arrivato da fuori e fradicio di pioggia: chiede a Médéric un rifugio per la notte, come se fosse la cosa più naturale. Solo che nella cittadina francese, sotto la statua di Vercingetorige, s’è appena verificato un attentato con delle vittime, sembra di matrice islamista, infatti la tv parla di un jihadista in fuga; e ovviamente quel ragazzo, così misterioso e ambiguo, benché a prima vista estraneo ai fatti, scatena subito nel francese ospitale i dubbi peggiori.
Il film di Guiraudie è sottile e divertente
, specie a vederlo in francese con i sottotitoli, trapunto di un’ironia “fredda”, surreale, che ricorda a tratti, ma forse mi sbaglio, il cinema di Aki Kaurismäki, specie nell’osservazione non moralistica dei personaggi. Le gag, che pure ci sono, servono a definire il quadro sociale piccolo borghese, tra sfumature xenofobe, gelosie patologiche e legge dei desideri. Tutti, in effetti, hanno qualcosa da nascondere o da negare in questa storia che si tinge pure di sangue strada facendo, benché il tono generale resti all’insegna di un ridicolo temperato. Nulla, insomma, è come sembra, a parte i gemiti di piacere a gambe spalancate della sfortunata Isadora, lusingata all’idea di essere tanto desiderata o forse solo preoccupata di non godere più come prima.
Consiglio di lasciarsi andare all’insolito registro umoristico del racconto, perché il tono da pochade, eroticamente malandrina, fa tutt’uno con gli allarmati servizi televisivi sulle indagini dopo l’attentato, mentre si moltiplicano appostamenti maldestri e presenze minacciose sotto la palazzina di Médéric, con lui ormai sopraffatto da incubi musulmani e sospetti di omosessualità, pure alle prese con una stangona che vorrebbe portarselo a letto (lui vuole solo Isadora). Se la fotografia è livida, a luce naturale, da film realistico, i dialoghi spingono invece verso la commedia spaesata, anche un po’ amorale, e senti quasi il sorriso del regista che orchestra la partitura spiazzante.
Jean-Charles Clichet e Iliès Kadri incarnano “l’innamorato” e “l’arabo”, ovvero Médéric e Selim, ma è soprattutto Noémie Lvovsky, attrice e regista oggi 58enne, a strappare il mio applauso personale nel ruolo della “passeggiatrice”. Presta il suo corpo nudo e rubensiano alla cinepresa, esibendosi senza timore in audaci scene di sesso, dando l’idea di non essere stata affatto imbarazzata sul set. Dove mai la troveremmo, oggi in Italia, un’attrice così?
Michele Anselmi