L’angolo di Michele Anselmi

La forza di “L’ultima ora” sta nel crescendo di segnali oscuri, bizzarri comportamenti, dettagli angosciosi, sicché meglio non raccontare troppo attorno al film del francese Sébastien Marnier, passato a Venezia 2018 e da giovedì 4 luglio nelle sale con Teodora.
All’interno di una strana aula scolastica, vediamo addirittura quadri alle pareti, dodici adolescenti di buona famiglia sono intenti a studiare. Non è un caciarone liceo di periferia, di quelli visti in tanti film, siamo nel prestigioso collegio di Saint Joseph. Il professore, non visto dai suoi alunni, apre la finestra, sale su una sedia e si butta giù. Lo schianto finalmente distoglie la classe da quell’assorto silenzio.
Perché l’insegnante ha compiuto quel gesto estremo? E perché sei di quei ragazzi, riuniti in una specie di confraternita, si sottopongono, fuori dall’orario scolastico, a dure prove di sopportazione fisica, di resistenza alle umiliazioni? Domande con le quali dovrà fare i conti il supplente appena ingaggiato dal preside per completare l’anno: un giovane prof in maglietta nera, bello, alto, tatuato, gay, animato dalle migliori intenzioni, eppure a disagio in quel contesto scolastico, dove tutti, insegnanti compresi, nascondono qualche nevrosi.
Tratto dal romanzo omonimo di Christophe Dufossé, pubblicato in Italia da Einaudi, “L’ultima ora” gioca, a partire dal titolo, con una materia per nulla rassicurante. Non troppo lontana dalla scuola si erge infatti una gigantesca centrale nucleare, in Francia ne hanno parecchie, e qualcosa ci dice che c’è poco da stare tranquilli.
Non saprei dire se “L’ultima ora”, come leggo, esplori “il lato più oscuro dello spirito dei Fridays for Future”, immagino che la combattiva svedese Greta Thunberg non sarebbe d’accordo; ma certo i sei studenti, a prima vista petulanti o solo più consapevoli dei loro coetanei, hanno idee precise sui danni al pianeta provocati dalla sconsideratezza dell’uomo.
Marnier maneggia con una certa efficacia, specie nella prima parte, poi tutto s’impasticcia un po’, i foschi presagi che spingono il supplente a indagare sul comportamento dei suoi studenti: bravi, colti, severi, pure arroganti nel loro sentirsi una sorta di eletta avanguardia. A proposito di “L’ultima ora” sono stati tirati in ballo John Carpenter e David Lynch, anche la serie tv “Black Mirror”, oltre che certe atmosfere alla Stephen King. Di sicuro Marnier usa la formula del thriller psicologico per introdurre lo spettatore in un clima allarmante, un po’ da fine del mondo, senza rinunciare a qualche frecciatina nei confronti di una scuola animata da logiche aziendali, di profitto, quindi nei fatti distratta e inadeguata.
Laurent Lafitte incarna il prof, tra smarrito e complice, che viene risucchiato in quel clima sinistro, attendista, stolido, dove la parola futuro sembra aver perso ogni significato.

Michele Anselmi