"Knockout – Resa dei conti" | Il cinema di Soderbergh tra altalene e punti fermi

Il suo nome è tra quelli dei registi che per primi intravidero nel digitale l’opportunità di una nuova rivoluzione estetica: Soderbergh ci ha dimostrato di puntare ad una sorta di “rifondazione dei generi” non soltanto sul piano della forma, ma anche su quello del percorso economico e distributivo di un film. Ci aveva lasciato con “Contagion”, presentato a Venezia 2011, sull’onda di una nuova sperimentazione del “neo-realismo” digitale, non da tutti apprezzata, ma ha subito cambiato rotta prima che riuscissimo a rifletterci su.

E` uscito venerdì nelle sale italiane il suo “Knockout – Resa dei conti”, film che era stato già annunciato con questo titolo nel settembre 2009 ma che per un breve momento si è indicato come “Haywire”, modificato subito dopo. Girata prevalentemente in Irlanda tra febbraio e marzo 2010 con un budget di circa 25 milioni di dollari, la pellicola presenta una sceneggiatura saldamente ancorata a Dublino, ma alcune riprese sono state effettuate nel Nuovo Messico. È un film che interrompe bruscamente la linea direzionale verso lo sci-fi apocalittico presentandosi come una sorta di nuovo “action movie” ancorato alla struttura del thriller. Per mettere in scena la vendetta dell’ex agente speciale Mallory Kane nei confronti di un agente doppiogiochista che l’ha tradito, l’americano dalle origini svedesi ha scelto di sfruttare le abilità performative di un’attrice che non necessita di controfigura, Gina Carano. Proveniente dal wrestling, l’italoamericana sarà affiancata da una gran fila di star impegnate in inseguimenti, scontri mentali e fisici: il consueto utilizzo delle avanzate tecnologie del regista si presterà a trasferire sullo schermo personalità “tradizionali” come Michael Douglas, ma ci saranno anche Antonio Banderas, Ewan McGregor e il più amato del momento Michael Fassbender. 

Una sorta di rendez-vous per palati fini sullo stile di “Ocean’s Eleven” (2001), film che assemblava nel cast l’amato George Clooney con Brad Pitt, Matt Damon ed Andy Garcia, mentre il “solo ruolo femminile” era affidato a Julia Roberts. Dopo i vari sequele di un film già a sua volta ispirato al vecchio “Colpo grosso” (1960, Lewis Milestone) con Frank Sinatra, il regista aveva preso una pausa dai meccanismi hollywoodiani e dai suoi divi, scegliendo di girare in sole tre settimane con attori non professionisti un film dai toni grotteschi, “Bubble” (2006), parallelamente a “Intrigo a Berlino”, film che porta alla mente i classici noir-bellici degli anni Quaranta. Nell’altalena tra successi da Oscar e cinema indipendente sembra che George Clooney abbia rappresentato un valido punto fermo per la produzione di un artista “schizofrenico” ed eclettico: il sodalizio tra i due travalica la netta distinzione di ruoli quando Soderbergh produce i film diretti dall’attore, si pensi a “Confessioni di una mente pericolosa” del 2002, “Good Night, and Good Luck” o “Syriana” del 2005 nei quali la cultura pop e l’attenzione ai temi sociali dell’uno si fondevano con l’amore per gli intrighi dell’altro.

Ciò che importa oggi è che il regista stia cercando di far quadrare i conti frugando nell’infanzia del cinema e, nell’attesa che i suoi spettatori capiscano verso quale direzione stia andando quest’arte al “tempo di youtube”, Soderbergh insegue il sogno di un film leggero e approda all’essenza del “cinema d’attrazione” di natura circense, materializzatasi nel corpo di un’interprete donna senza cui il film non avrebbe proprio avuto ragione di partire, secondo quanto da lui stesso sostenuto. Adorabile e contraddittorio, il regista che fin dall’esordio con “Sesso, bugie e videotape” lasciava intendere la sua capacità di penetrare le coscienze dell’animo umano, ha più volte dichiarato di volersi distaccare dal cinema, eppure non ce la fa: sembra non riesca mai a “sfornare” opere tra loro inconciliabili per argomenti e generi. Nel 2008 il “Che – L’argentino” e “Che – Guerriglia” si ponevano come racconti introspettivi di una grande personalità del Novecento resa perfettamente da Benicio Del Toro (interprete di “Traffic” che nel 2000 ottenne ben quattro premi Oscar), ma subito nel 2009 lo avevamo visto cambiare immediatamente registro con la commedia “The Informant”. E adesso, cos’altro è previsto nei piani?

Ilaria Abate