Conversazione con Fabio Giovannini e Antonio Tentori su “Edgar Allan Poe. Al cinema, in Tv e nell’immaginario”, in libreria per Profondo rosso, saggio che prende in analisi la figura del genio di Boston in relazione con i media e la percezione del pubblico. Il solco indelebile tracciato dall’opera del grande autore americano, spesso in grado di riscrivere e reinterpretare i codici della stessa percezione dell’orrore, attraversa le pagine di un libro agile e esaustivo che Giovannini e Tentori, esperti di cinema e cultura del fantastico, confezionano con la consueta competenza.
Scrivere un libro sul rapporto tra Edgar Allan Poe e sua trasposizione, nei vari media, è un’idea che fa tremare i polsi. Come avete affrontato questo compito per niente facile e in che modo vi siete divisi i compiti?
A.T. Qualche anno fa mi ero cimentato in un’impresa analoga, ovvero Lovecraft e il cinema horror. In seguito ho parlato a Fabio Giovannini di un simile libro dedicato invece a Poe: siamo entrambi suoi fan e ci siamo trovati subito in sintonia sul lavoro da affrontare, anche perché abbiamo scritto diversi saggi insieme. Rispetto a Lovecraft la mole di film da visionare era superiore e quindi abbiano diviso il libro esattamente a metà, capitolo per capitolo. Probabilmente non è l’opera definitiva su Poe e il cinema, ma riteniamo comunque di aver realizzato una notevole catalogazione che comprende l’intera opera dello scrittore americano al cinema e in televisione.
Leggendo il vostro libro emerge un ritratto poco rassicurante per i puristi dello scrittore: Poe risulta più tradito che rispettato dal cinema e dalla televisione. Come si spiega questa tendenza?
F.G. In realtà Edgar Allan Poe è stato ispiratore, più che oggetto di veri e propri adattamenti delle sue opere. Quello che visivamente è stato proposto è “l’universo” di Poe, i suoi temi di fondo, le suggestioni. Non si poteva e non si può pretendere una fedeltà ai suoi testi, ineluttabilmente destinati alla manipolazione e alla rielaborazione.
Al di là della stretta fedeltà, quali titoli o quali autori sono riusciti a restituire il senso più profondo della sua opera?
A.T. Nel corso del tempo sono stati molti gli autori che si sono avvicinati a Poe nel tentativo di tradurre per immagini la sua opera. Non è facile, perché i racconti di Poe sono fatti di terrore psicologico e di atmosfere. Ritengo in ogni caso che Roger Corman sia il regista che più di altri è riuscito a trasmettere la paura secondo Poe. Senza dimenticare altri autori, per esempio Dario Argento con il suo Il gatto nero, episodio del dittico Due occhi diabolici.
Specialmente nella parte del libro in cui espandete il campo della vostra analisi sembra quasi che Poe rappresenti l’idea di orrore tout court più che un solo autore con i suoi racconti e le sue poesie. Credete sia giusta questa lettura?
A.T. Indubbiamente Edgar Allan Poe è divenuto sinonimo di inquietudine, paura e orrore. Il suo personaggio e la sua vita così breve e tormentata l’hanno eletto a Maestro assoluto del genere horror, che lui stesso ha profeticamente reso popolare nell’ambito di tutti i media.
Trarre un lungometraggio da un racconto può essere meno facile di quanto si immagini. È forse questo uno dei motivi che hanno spinto molti sceneggiatori a rimpolpare i trattamenti con riferimenti ad altri racconti o poesie?
F.G. Certamente. Non era possibile trasferire in un film dei singoli racconti o delle singole poesie di poche pagine o addirittura di poche righe. Eppure il fascino degli incubi poeiani è stato capace, ed è tuttora capace, di sollecitare sceneggiatori e registi (così come scrittori, fumettisti, artisti e creatori di videogiochi). Non sono tanto le “trame” dei suoi racconti, quanto le atmosfere e le dinamiche psicologiche dei suoi personaggi o delle sue riflessioni che continuano a intrigare l’immaginario di oggi.
La stessa vita di Poe può essere letta come un racconto che assume, di volta in volta, diverse nuance, al punto che il Poe personaggio è risultato ad alcuni più interessante del Poe scrittore. Possiamo parlare di questo?
F.G. Fin dal cinema muto proprio la vita di Poe è stata presa a pretesto per pellicole melodrammatiche, grazie alle vicende tragiche della sua biografia: morte in giovane età della moglie Virginia o le sfortune con gli editori che lo ridussero in miseria, oltre alla sua morte misteriosa, sono state portate sugli schermi molte volte. L’attrazione imperitura di Poe è anche dovuta alla sua vita triste e sofferente, dove la finzione dei suoi racconti e delle sue poesie si sovrappone alla realtà.