Un Amarcord nevoso | E’ l’anno del nevone? 

Sarà ricordato anche questo come l’anno del nevone? Dopo lo spread, è il blizzard, il gelo polare siberiano, a terrorizzare l’italico paese. Frazioni isolate, disagi su tutta la rete stradale, uffici pubblici chiusi, palazzi evacuati, scaffali dei supermercati svuotati, doposci, guanti, pale e catene andati a ruba, piani antineve annunciati e poi modificati ora in ora, sindaci trasformati in spalaneve e spargi ghiaccio. Un paese paralizzato e ossessionato dalle previsioni meteorologiche che sembra spazzare e spalare di colpo l’immagine romantica e onirica della neve. Perché almeno nella sua rappresentazione cinematografica la neve è sempre stata salvifica, rigeneratrice, calda, evocatrice e pascolianamente fanciullesca.
 

 
E’ in Amarcord di Federico Fellini (Italia, 1974) l’immagine più pacifica della neve: divertente, quasi fosse un naturale spettacolo circense, barocca ed eccessivamente imponente come le piume del pavone. L’an de nivoun, la nevicata del 1929 in una fascista cittadina romagnola, è narrato attraverso lo stupore e la gioia di Titta, la consueta rabbia del padre e lo scetticismo e l’incredulità dei villeggianti.
 
Salvifica, produttiva e miracolosa è invece per Rocco, Simone, Ciro e Luca: i quattro disgraziati lucani immigrati a Milano, che grazie proprio all’arrivo della neve trovano la prima occasione di impiego e di guadagno in Rocco e i suoi fratelli di Visconti. Pacifica, unificatrice e rassicurante per soldati delle trincee nel capolavoro La grande guerra di Mario Monicelli. All’immagine tradizionale ed inevitabile presente in molti film natalizi, come La vita è meravigliosa, si può accostare quella naturale di alcune pellicole ambientate nei paesi dell’Europa dell’Est, dove la neve è un leit-motiv scenografico. E’ infine labirintica e dostoevskijana in Shining di Stanley Kubrick: dapprima claustrofobica e nefasta, poi salvifica e liberatoria per la famiglia dello scrittore Jack.
 
Alessandra Alfonsi