Se credete che “Electric Wizards. L’heavy Music dal 1968 ad oggi” sia una di quelle storie della musica che partono da A per arrivare a Z, magari tralasciando qualche letta qua e là, siete fuori strada. Tra i molti pregi della struttura del nuovo, ponderoso volume pubblicato da Odoya, infatti, c’è quello di reggersi sul concetto di connessione: tra un gruppo e un’immagine, tra un musicista e una suggestione, tra uno spazio e un altro. JR Moore, editorialista di psych rock sia per The Quietus che per Record Collector, appartiene ai giornalisti (e agli storici della musica) che non amano le strade già battute e si tiene ben alla larga dalle imprese sonnacchiose e rassicuranti, dunque nessuna linea che dal blues e i Beatles arriva fino ai Black Sabbath, ai Led Zeppelin e ai Deep Purple per poi approdare ai Judas Priest, Iron Maiden e Metallica, ma una discesa vera e propria in un mondo oscuro che vuole e deve essere scoperto.
Prediligendo gli album che fondano gran parte delle loro basi su sua maestà al sei corde, da Helter Skelter, l’alfa, fino a ai nomi da circolo degli iniziati, “Electric Wizards” traccia quasi un nuovo concetto di genere, intercettando in un continuum volutamente cacofonico dove i Black Sabbath incontrano i Sex Pistols e gli Stogees o altri nomi totemici come Napalm Death, Pantera, Motörhead, Buzzcocks, Melvins, ma – inattesi e appropiatissimi – anche i Kraftwerk o i Cabaret Voltaire. Ben tradotte da Irene Michele Amodeo, le 432 pagine di JR Moore fanno luce su un’armata delle tenebre che non ama il virtuosismo patinato dalla tecnica e dalla post produzione, benché molti siano ottimi musicisti, ma che si esprime attraverso le personalità di veri e propri “sciamani del suono”. Da non perdere.