La macchina da presa sorvola i titoli di testa per tuffarsi verso il basso a riprendere una brutale colluttazione. L’occhio vigile di un gatto registra lo stupro di una donna dai capelli castani. Michelle è aggredita, picchiata e violentata da un uomo mascherato, sul pavimento della sua casa di città. Ricca imprenditrice, la lei di Elle è figlia di un mostro omicida e madre di un ragazzo non troppo sveglio. Verhoeven dipana le fila di un thriller ben congegnato (vincitore di due César ed un Golden Globe) in cui la protagonista governa le regole di un gioco perverso. La preda muta in predatore, la vittima in carnefice. Di centrale importanza è il ruolo del sangue: denso, rosso cupo, mescola i personaggi e la loro natura ingannevole. Il primo lungometraggio francese del cineasta di Amsterdam accede alla costellazione dei grandi film di hitchcockiana memoria, pellicole che ricordano per certi versi alcuni tra i lungometraggi più maliziosi di Chabrol e De Palma. Se nel romanzo di Djian (Oh…, da cui la storia è tratta), Michelle è produttrice cinematografica, nel soggetto scritto da Verhoven la protagonista è a capo di un’impresa di videogiochi. Non è un caso. La supereroina dalle mille vite, protagonista delle immagini animate, è l’alter ego di Michelle, personaggio femminile in grado di rigenerarsi dopo ogni batosta, resa invincibile dagli orrori subiti in un’infanzia non troppo lontana. L’immagine di Isabelle Huppert perfora lo schermo. L’attrice, consapevole di ogni ruolo interpretato in passato, dà vita a una donna violentata, pugnalata, pur sempre viva ed energica. Dramma sociale, thriller e commedia grottesca, in Elle eros e thanatos sono i tramiti di una scrupolosa indagine, quella della società borghese parigina.
Che dire di Elle? Si tratta di un film femminista? Sì e no. La Huppert dà corpo a una donna che non subisce, ma reagisce, un’imprenditrice a capo di un personale quasi completamente maschile. Gli uomini della sua vita sono, secondo il caso, ingenui, rancorosi, stupidi, perversi, incapaci di guardare in faccia la realtà. E tuttavia è inappropriato rintracciare un particolare messaggio in Elle, che sia morale, sociologico o altro. L’atto della creazione in ambito artistico, letterale o cinematografico ci pone davanti a un risultato che non necessariamente offre un messaggio. Paul Verhoeven considera Elle il suo film più sovversivo. Se in passato l’autore si è fatto notare per il suo approccio critico (vedi Robocop, Total Recall e Starship Troopers), al presente, si distingue per il non detto: nulla è esplicitato con chiarezza. Oggi troppi film seguono la strada della demagogia. Questo, diversamente, si fa notare per la sua trasgressività. Nelle sale italiane da giovedì 23 marzo per Lucky Red.

Chiara Roggino