L’8 dicembre è uscito “Emicida: AmarElo – Il resto è storia”, documentario originale Netflix, che ha come suo protagonista il rapper brasiliano Emicida. Il primo elemento con cui lo spettatore deve fare i conti è la disponibilità del documentario solo in lingua originale, il portoghese brasiliano, salvo per la possibilità di utilizzare i sottotitoli. Questo primo fattore non aiuta molto nella narrazione perché, in essa, si sovraccaricano da subito fin troppi elementi audio: la musica, la voce fuori campo del cantante/narratore e le voci interne, come quelle del pubblico al concerto tenutosi al Teatro municipale di San Paolo nel novembre 2019. A questa molteplicità di suoni si aggiunge poi lo scorrimento delle immagini a volte in formato orizzontale, altre in verticale, a volte con cadenza veloce o lenta che, da una parte mostrano sintonia con il ritmo di sottofondo, dall’altra possono sembrare eccessive rispetto alla possibilità dello spettatore di osservarle contemporaneamente ai sottotitoli. L’obiettivo di base del documentario, però, è promettente perché cerca di fornire una panoramica della storia del Brasile, concentrandosi in particolare sulle rivendicazioni che la popolazione ha posto in essere, il tutto tenuto insieme da uno degli elementi più caratterizzanti della terra brasileña: la musica. Dagli anni settanta con la nascita dell’hip-hop i ragazzi delle periferie, in particolare quelle intorno alla città di San Paolo, hanno ottenuto un nuovo strumento tramite cui farsi notare e la prima chiave del documentario è da ricercare proprio nella contestualizzazione storica che apre la narrazione, andando a ripercorrere le varie tappe affrontate dalla popolazione “nera” brasiliana, partendo dal 1888 anno in cui fu abolita la schiavitù fino ad arrivare al contesto odierno entro il quale si riscontra questa voglia di rivendicare i propri diritti soprattutto tra le giovani generazioni; Emicida, o Leandro come viene chiamato da sua madre, è uno di questi ragazzi.
La prima visione del documentario di Emicida, con annessa strutturazione e post produzione, rimanda inevitabilmente ad una sorta di telecronaca, complici poi i video in bianco e nero di testimonianze e/o particolari notizie legate ad anni precedenti. Gli elementi che danno modo allo spettatore di comprendere la motivazione che ha spinto la creazione di un prodotto audiovisivo come questo, sono da rintracciare in precise fasi riportate dal rapper stesso: “È il nostro modo di dire a quelli come noi che il loro posto è qui; dobbiamo assolutamente essere presenti in questo spazio e in tutti gli altri spazi che ci sono stati preclusi. La futura generazione è tutta seduta lì. Restituiamo loro il diritto di sognare”. La chiave è proprio in queste parole, l’investitura che Emicida fa a sé stesso è quella di essere un ponte tra generazioni passate e future, generazioni diverse ma con la stessa voglia di rivincita, di far valere i propri diritti, primo tra tutti quello di esistere.

Cristina Quattrociocchi