Il 17 febbraio, dopo essere stato proiettato in anteprima nazionale il 30 ed il 31 gennaio, esce nelle sale “Ennio: the Maestro”, un documentario diretto da Giuseppe Tornatore che ripercorre la lunghissima e prolifica carriera di Ennio Morricone. Il regista racconta in maniera sistematica gli oltre sessant’anni d’intensa attività del compositore romano tramite la testimonianza diretta del musicista stesso ed interviste ai protagonisti del mondo della musica e del cinema. La pellicola, che raggiunge le quasi tre ore di durata, narra la parabola umana ed artistica del maestro partendo, addirittura, dalle sue umili origini come trombettista durante gli anni successivi al secondo conflitto mondiale fino ad arrivare all’Oscar conseguito per la colonna sonora originale di “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino.

Il film si sofferma, prima di approfondire a lungo l’approdo di Morricone alla musica per film, sulla sua relazione con il rigido ambiente del conservatorio e con il suo mentore, Goffredo Petrassi. Il maestro del giovane Morricone disprezzava l’uso della musica al servizio delle immagini, definendola una “prostituzione intellettuale” del compositore, che avrebbe in qualche modo tradito la propria vocazione elitaria e la missione della musica colta. Morricone, con non poca difficoltà e ricorrendo spesso a pseudonimi, rifiuta la concezione radicale di Petrassi, contaminandosi con gli ambienti lavorativi più disparati, dalla musica popolare alle orchestrazioni per la Rai. Tutta la grandezza del maestro romano risiede proprio in questa costante dialettica con i più svariati ambiti artistici, contribuendo così a sbiadire sempre di più il confine tra cultura alta e popolare. Questa sua sperimentazione in perenne tensione tra l’avanguardia ed il rigore della tradizione produrrà geniali intuizioni senza tempo destinate a lasciare un segno indelebile nella musica del Novecento. Basti ricordare l’uso innovativo dei rumori ibridati con le melodie nelle sue composizioni, una trovata che da sola rivoluziona il modo di musicare i film, soprattutto quei western di cui Sergio Leone fu il maestro. Ma anche i suoi arrangiamenti di successo per i cantautori italiani, solamente all’apparenza semplici ma, in realtà, influenzati dalle tradizioni musicali più disparate, da Verdi, passando per la musica tradizionale siciliana, a Bach. Il musicista, a più riprese e con fare avanguardistico, rifiuta la melodia: è proprio in quei momenti che si accorge che la melodia non può mai abbandonarlo.

Tutte le iconiche trovate di Ennio Morricone vengono spiegate, sia dal maestro che dagli altri illustri ospiti, con un linguaggio solamente a tratti tecnico e capace di affascinare ogni tipo di spettatore. Le emozionanti testimonianze raccolte da Tornatore sono veramente tantissime ed i volti degli intervistati brillano quando raccontano del loro rapporto con Morricone. Tarantino, appunto, ma anche Wong Kar-wai, Dario Argento e Clint Eastwood, per citarne alcuni. Anche i musicisti interpellati dal regista sono moltissimi e di diversa natura, a riprova della grande influenza che la musica del maestro romano ha avuto nella formazione di molti artisti. Basti ricordare il virtuoso chitarrista Pat Metheny, ma anche i due rocker Bruce Springsteen e James Hetfield, il compositore di musica da film Hans Zimmer e Gianni Morandi. Il documentario, facendo anche un sapiente uso di sequenze prese in prestito dalle pellicole di cui Morricone ha scritto la colonna sonora, si tramuta a tratti una sorta di un video saggio in cui il compositore stesso commenta alcune delle scene più iconiche della sua carriera e di tutto il cinema del Novecento.

Il valore di questa testimonianza è preziosissimo ed usciti dalla sala si ha l’impressione di aver assistito ad una lezione di cinema (e musica) di inestimabile valore, tenuta proprio dalla persona che ha contribuito ad inventare la disciplina della musica da film come è conosciuta oggi. Il pregio della toccante opera di Tornatore sta anche nel non essersi concentrata esclusivamente sulla figura di compositore per il cinema di Ennio Morricone, ma di averne ricostruito il lato più umano e le molteplici vite parallele, evitando così di risultare un film esclusivamente per gli addetti ai lavori. Il musicista romano era uno e centomila allo stesso tempo e le svariate ed eterogenee interviste raccolte dall’amico e collega regista lo dimostrano, cristallizzando su pellicola l’immensa ed indiscussa eredità che la musica di Morricone ha lasciato. Non solamente nell’ambito della composizione per film, ma in tutta la musica del Ventesimo secolo.

Gioele Barsotti