L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor
Il titolo, lungo e un po’ vecchio stile, non suona proprio irresistibile. Recita: “Due uomini, quattro donne e una mucca depressa”. Però nel quartetto di femmine in questione c’è lei, Maribel Verdú, oggi 47enne, che da giovanissima fu la mitica e virginale Trini in quel piccolo classico dell’erotismo criminale intitolato “Amantes” (1991, by Vicente Aranda). Qualcuno, tra i critici non di primo pelo, rammenterà la mitica e audace scena del foulard di seta che veniva inserito, a mo’ di gioco proibito, dove in genere non dovrebbe stare. Vero, cara Patrizia Brandimarte?
Sempre bella ma certo più matura, l’attrice iberica regala alla commedia dolcemente maliziosetta di Anna Di Francisca, nella sale dall’8 giugno con Mariposa Cinematografica, una grazia naturale che un po’ si perde nel doppiaggio, purtroppo. Perché la lingua farebbe tutt’uno con i colori, i sapori, le facce e gli ambienti di questa solare Spagna di provincia, siamo nel sud, nella quale approda da Roma, l’apolide Edoardo: musicista di una certa notorietà, ma in crisi creativa, demotivato, anaffettivo, sospettoso, anche un po’ misantropo.
L’artista sessantenne dai capelli arruffati vuole solo farsi dimenticare, seppellirsi in quel paesino. Impossibile. Il “periodo sabbatico” faticherà ad essere tale. Perché le donne sono “muy calienti” da quelle parti, in una sorta di girotondo amoroso, etero e omo, che coinvolgerà presto un po’ tutti, sbriciolando menzogne e pregiudizi; mentre c’è istruire il coro polifonico locale, stancamente diretto da un prete incapace, nella speranza di vincere un prestigioso concorso alle porte.
Il serbo Miki Manojlovic, classe 1950, lanciato da Kusturica e già “macellaio” in un filmetto italiano con Alba Parietti, si muove senza troppa convinzione ma con un certo garbo nel gineceo chiacchierone approntato dalla regista; e naturalmente, benché padre di una ragazza adolescente e refrattario ad avventure amorose, sappiamo benissimo che prima o poi la dolce Julia, appena separatasi dal marito e dotata di talento canoro, finirà con lo scaldargli il cuore. Anche se…
Le figurine ci sono tutte: l’ex generale franchista da macchietta che pare razzista ma in segreto ha un’amante di colore, la bella signora lesbica che vive nel ricordo di una passione finita male, l’amico di Edoardo, ferito nell’onore coniugale, che corteggia maldestramente una matura corista pronta peraltro a farsi ghermire.
Tra un “Quando canta Rabagliati”, una schermaglietta amorosa e qualche parentesi buffa, la commedia si propone come una sorta “di scambio terapeutico che si attua grazie al potere comunicativo della musica” (parola di Anna Di Francisca). Non saprei dire, francamente, se un film del genere, con l’aria che tira, possa avere un suo pubblico in sala. Gli interpreti, tra i quali figurano anche Neri Marcoré e Serena Grandi per esigenze di coproduzione, si intonano al clima sorridente, quasi da pochade canterina, tutto costruito attorno alla presenza carismatica dello “straniero”. Ma non pensate a “Teorema” di Pasolini o al recente “Il cittadino illustre” di Gastón Duprat e Mariano Cohn. Qui tutto finisce più o meno bene.
Michele Anselmi