L’angolo di Michele Anselmi

Una storia vera, verissima, di quelle per le quali non andare fieri, almeno come Paese. Partendo dalla tragica fine, “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini rievoca l’ultima settimana di tribolata vita di Stefano Cucchi, trovato morto il 22 ottobre del 2009 nel reparto “sotto sorveglianza” dell’ospedale romano “Sandro Pertini”.
Ha scritto bene sul “Corriere della Sera” Pierluigi Battista: “L’Italia cerca di dimenticare una pagina vergognosa, una storia di botte e di soprusi che dovrebbe farci arrossire. Ma per fortuna esce ora un film che ci aiuta a ricordare. A dirci che in uno Stato di diritto, il primo diritto da custodire è quello di non essere maltrattati”. O addirittura uccisi: per abuso di potere, senso di impunità, disattenzione, complicità, disumanità.
Le fotografie impressionanti del cadavere di Cucchi le ricordiamo tutti. Un corpo macilento e straziato, coperto di lividi provocati da un pestaggio inflitto da due carabinieri in borghese, una vita che si sarebbe potuta salvare se lo Stato italiano, nel suo insieme, non avesse sepolto in una cella quel malridotto trentenne romano, con precedenti di droga, beccato il 15 ottobre di quell’anno da una pattuglia di carabinieri con addosso 20 grammi di hashish e 2 osi di cocaina.
Il film è una sorta di “via crucis”, crudele ma non sadica, soprattutto dettagliata al millesimo nella ricostruzione, nel senso che mostra solo ciò che è documentato, e purtroppo ne conosciamo l’esito finale. Cremonini e la sceneggiatrice Lisa Nur Sultan non fa di Cucchi un giovanotto incolpevole, evidenzia alcuni dei suoi errori durante quei giorni atroci, non racconta il dopo, cioè indagini e processo, assoluzioni e condanne; preferisce soffermarsi sulle dinamiche di quel “sequestro legale di persona” sul quale in molti (furono circa 140 le persone con le quali il poveretto entrò variamente in contatto) non hanno detto la verità.
Alessandro Borghi, dimagrito 18 chili, immerso fino al midollo nel ruolo di Cucchi, a restituirne atteggiamenti strafottenti e coloriture vocali, è il punto di forza del film; ma tutti risultano credibili, senza torsioni faziose, a partire da Jasmine Trinca, Max Tortora e Milvia Marigliano, cioè la sorella Ilaria e i due genitori.
Il film arriva contemporaneamente in tv con Netflix e in alcune sale mirate con Lucky Red il 12 settembre, cioè oggi. Gli esercenti hanno protestato, parlano di concorrenza sleale, Andrea Occhipinti ha risposto a sua volta tirando diritto. Alla fine, nonostante il boicottaggio di alcuni associazioni, si sono trovate 91 sale cinematografiche, così almeno informa Cremonini su Facebook (qui sotto, nella foto, l’elenco città per città). Non mi va di tornare sulla polemica, specialmente dopo il Leone d’oro andato a “Roma” di Alfonso Cuarón, anch’esso targato Netflix e oggetto di critiche insensate da parte degli autori Anac e degli esercenti d’essai; mi auguro solo che più italiani possibile vedano “Sulla mia pelle”.

Michele Anselmi