Finalmente un film da Leone:
il messicano “Nuevo orden”
Dalla Germania un dilemma
La Mostra di Michele Anselmi per Cinemonitor / 10
Finalmente un film da Leone d’oro. Si chiama “Nuevo Orden”, cioè “ordine nuovo”, viene dal Messico e porta la firma di un cineasta 41enne, Michel Franco. Non saprei dire se anche lui finirà a Hollywood, com’è successo a Guillermo del Toro, Alejandro González Iñárritu e Alfonso Cuarón, ma di sicuro il giovanotto ha un gran talento; lo provano gli applausi scroscianti che hanno accolto il film a una delle proiezioni mattutine per la stampa. Bisognerà vedere come reagirà, in Sala Grande col pubblico, l’ambasciatore messicano volato da Roma: farà buon viso a cattivo gioco? Perché Franco, parole sue, propone “una visione distopica del Messico che tuttavia si discosta solo leggermente dalla realtà”. Non so se “distopica” sia l’aggettivo giusto: direi angosciante, minacciosa, a tratti insostenibile, forse profetica.
Nei quartieri alti di Città del Messico si sta celebrando una sfarzosa festa di matrimonio. Attorno ai due rampolli la società che conta, uomini d’affari, giudici, politici, generali, ma c’è qualcosa di strano nell’aria. Dal rubinetto esce acqua verde, e dello stesso colore è la vernice usata dai manifestanti esasperati, causa miseria e corruzione, per imbrattare le auto dei ricchi.
In questo contesto di crescente tensione, la sposa Marianna è l’unica ad aver conservato un briciolo di umanità nei confronti del prossimo. Un disperato ex domestico necessita di un prestito da 200mila pesos per far operare d’urgenza al cuore l’anziana moglie; lei molla tutto, infastidita dall’indifferenza dei genitori, per raggiungere la malata. Sarà l’inizio di un incubo a occhi aperti, perché nel frattempo la festa è stata presa d’assalto dai rivoltosi, che uccidono e depredano, mentre l’esercito, per stoppare i disordini e le devastazioni, instaura una feroce dittatura militare, nella quale nessuno può sentirsi al sicuro, inclusa la facoltosa figlia dell’élite…
“Nuevo Orden” sfodera un ritmo implacabile, una narrazione inquietante, da Messico in fiamme. Nella prospettiva del film salta ogni diritto civile, ogni libertà democratica; i soldati vengono lasciati liberi di sequestrare, torturare e chiedere riscatti milionari; il caos generale, avrete capito, viene usato dai potenti per stabilire, appunto, un nuovo ordine concentrazionario in nome della retorica tricolore.
Il regista cita nelle interviste movimenti come Occupy Wall Street, i “gilet gialli”, Black Lives Matter, eccetera; ma è squisitamente da macelleria messicana, per dirla con Massimo D’Alema, il contesto nel quale si sviluppa questa furente allegoria sociale. Attenzione, è il monito del film: la povertà diffusa genera rabbia incontrollata, e a quel punto potrebbe non essere difficile mobilitare l’esercito per spegnere la democrazia.
Naturalmente “Nuevo Orden”, che vedremo distribuito da I Wonder Pictures, non è solo quanto racconta, ma come lo racconta: cioè immergendo lo spettatore dentro una sorta di inferno dantesco, dove tutti sono sacrificabili e l’arbitrio scatena i peggiori istinti. La messa in scena non è sadica, semmai realistica, quindi con un taglio morale. Le armi del cinema per evitare che prima o poi sparino quelle vere.
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Nel confronto scompare l’altro film in gara, cioè il tedesco “E domani un altro mondo”, scritto e diretto dalla regista Julia von Heinz. Anche qui c’è poco da stare tranquilli: il titolo tedesco, “Und morgen die ganze Welt”, risale a una poesia di Hans Baumann adottata nel 1935 come inno da un corpo ausiliario nazista. Siamo a Mannheim, ai giorni nostri. I gruppi neonazisti si fanno sempre più tronfi, tra raduni, pestaggi e attentati. La timida Luisa, di famiglia aristocratica, entra in una specie di comune fricchettona che aderisce al movimento Antifa e però ripudia la violenza; ma presto, seguendo le orme del bellicoso e carismatico Alfa di cui è invaghita, la ragazza si fa risucchiare nella lotta armata contro l’estrema destra xenofoba e antisemita, fino a perdere sé stessa e provocare discreti guai.
Il film a suo modo è un romanzo di formazione, dove le scaramucce e le imboscate servono a descrivere il progressivo coinvolgimento della rampolla, un tempo avremmo detto “figlia di papà”, in una militanza tanto forsennata quanto infantile. Tuttavia il quesito posto dalla regista sembra essere un altro, vista l’insistenza con la quale viene citato un precetto costituzionale: come reagire all’eversione neonazista quando lo Stato sembra essere distratto o addirittura assente? Luisa è incarnata bene da Mala Emde.Nella prima scena la vediamo imbracciare un fucile di precisione con tanto di mirino. Lo userà?
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Anche la diciassettenne protagonista di “Run Hide Fight”, accolto tra i fuori concorso in una chiave disimpegnata da film “di mezzanotte”, ha un fucile tra le mani nell’incipit. Solo che lei non esita a sparare al cervo nel mirino mentre caccia insieme al padre ex soldato. Zoe Hull ha appena perso la madre, è scorbutica, laconica, detesta i balli scolastici, non ha il cellulare e indossa come la coperta di Linus lo sdrucito giaccone militare di papà. Insomma, una tosta. Le tornerà comodo quando quattro liceali imbecilli e nichilisti irrompono nella “Vernon High School” e sequestrano decine di studenti, pronti a fare un massacro.
Il film dell’americano Kyle Rankin non va tanto per il sottile, ha qualcosa della serie B; ma non è nemmeno azione pura, fumettistica. Il titolo, che significa “scappa, nasconditi, combatti”, allude ai tre movimenti dell’eroina adolescente, la quale sarà determinante nell’eliminare i cattivi dall’interno della scuola. Non pensate a “Elephant” di Gus Van Sant; semmai Zoe è parente stretto del John McClane di “Die Hard”, anche a pezzi e ferita non molla. Isabel May, nel ruolo della vendicatrice, somiglia un po’ alla Jennifer Lawrence degli inizi; nel cast i redivivi Treat Williams e Thomas Jane, quello di “The Punisher”, per restare in tema.